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ALBUM & CDRicordo Perfettamente

The Who e altre storie

Di 28 Febbraio 20243 Commenti

A volte un'uscita discografica riporta alla mente vecchie abitudini di un ragazzino che iniziava ad ascoltare rock and roll...chissà perché a me succede sempre più spesso...

Non ho idea di quale possa essere l’età media dei nostri lettori. Facendo riferimento ai commenti che ricordano certe nostre avventure passate, direi…non troppo giovani… ma ci sarà senz’altro qualcuno di voi amici che per età o per caso della vita non sarà mai entrato dentro a una Fiat 500 degli anni 60/70 oppure dentro a una 2cv Citroen.

Entrambe avevano una levetta da tirare per favorire l’avviamento a freddo… era l’aiuto di una serrandina che chiudeva l’afflusso di aria al carburatore. Tutto meccanico, ovviamente. Non c’era radiatore, nessun sistema di controllo se non un paio di spie, una del livello dell’olio motore, una per l’accensione. I sedili rigidi e immobili scivolavano di pochi centimetri in avanti o indietro. I vetri manuali e nella 2cv persino a “ripiego” verso l’alto con una levetta di metallo a sbloccarne il fermo. Consumavano poco, pochissimo, perché erano leggere e piccole. A volte, incontrandone una per strada oggi mi domando sempre come facessimo a entrare in quattro dentro a un cinquino. Eppure…

Ecco, queste memorie giovanili… sono stato proprietario di una 500 del 1962 e di tre 2cv tutte dei ’70… per aiutarvi a capire come si vivesse solo una quarantina, cinquantina di anni fa. Oggi il mondo sta in un cellulare e con esso tutte le informazioni… al 50% assolutamente da verificare… necessarie. Se non si conosce il nome di una canzone c’è Shazam, se vogliamo ascoltare qualcosa in viaggio che non sia l’angoscia delle programmazioni radio odierne c’è Youtube dove fare una propria playlist gratuita e ascoltarsela con bluetooth in macchina. Ci sono notizie e testi, per chi li vuole leggere, in tempo reale e non c’è più bisogno di comprarsi un giornale per avere notizie e recensioni : il web ti massacra. Certe volte in tutti i sensi. Devi solo stabilire di chi ti puoi fidare… ma questo era esattamente la medesima cosa quando dovevi comprare un periodico…

Nei miei 15 anni avevo poche possibilità di ascoltare molta musica. Sostanzialmente due programmi Rai che in modo diverso ti proponevano musica pop, così si chiamava… fermarsi dunque davanti a un vecchio Grundig ad aspettare Supersonic – Dischi a Mach 2 che andava in onda sul secondo canale Radio Rai, così si chiamava, alla sera alle 20,10 un orario che ai tempi veniva definito “di prima serata” era un appuntamento obbligato. Così come Per Voi Giovani che sul primo canale radio Rai andava in onda nel pomeriggio. Tanto per capirsi : la sigla di Supersonic era un estratto di In-a-gadda-da-vida degli Iron Butterfly, mentre Per voi giovani usava Glad dei Traffic.

Chi presentava quei programmi aveva poco più del sottoscritto, lo venni a sapere molti anni dopo, quando conobbi il caro Massimo Villa, una di quelle voci, ma mi pareva che i messaggi e la musica che mi arrivava da quella infame radio “satellitare” fosse pura controinformazione. Ci sentivamo dei coscritti. Eppure, specialmente con Supersonic, la scaletta non prevedeva altro che il passaggio delle canzoni con una informazione minimale e spesso neppure quella.

Nel 1972 riuscii a rubare a mio padre un Geloso a nastro, con un solo nastro, con cui all’inizio con un microfono, poi con una evoluzione tecnologica sapiente con un cavetto diretto, riuscivo a carpire le canzoni. Quel Geloso sta ancora in un cassetto nella stanza dove tengo i miei dischi insieme al nastro. E forse proprio perché da quel momento l’ascolto si era fatto sempre più attento per far partire la registrazione dall’inizio del brano da registrare, è di quel 1972 che ricordo diversi pezzi che venivano ripetuti più spesso : Tomorrow’s dream e Wheels of confusion dei Sabbath, Remake remodel it, Virginia Plain e Ladytron dei Roxy Music, You give me lovin dei TYA, Watchtower di Hendrix, Aqualung dei Tull, Rocks Off degli Stones, Join Together dei The Who… posso dire di essere riuscito ad ascoltare molti 33 giri in radio quando le mie finanze mi permettevano solo l’acquisto di 45 giri. Beatles e Stones, Troggs, Beach Boys erano singoli che potevo permettermi, ma i 33 erano ancora merce che raramente mi potevo concedere… eppure ero riuscito a portare a casa il primo Zeppelin, il primo Sabbath, Vanilla Fudge e Tull… ma non avevo un giradischi. Quello arrivò proprio nel 1972. Per tre anni aprivo un altro Grundig a mobiletto che conteneva un giradischi con un braccetto da mezzo chilo all’interno ma che divenne Satana da evitare quando un amico mi disse che … rischiavo di sciupare i solchi dei 33. Così pur continuando ad accumulare spiccioli… le nonne erano una fonte primaria… ascoltavo pochissimo i miei dischi.

Era la radio a darmi spazio alla conoscenza e all’ascolto attento. Propedeutico all’acquisto del “vero disco”.

Fu così che conobbi The Who. Lo so : stavano nella colonna sonora di Woodstock, insieme ad altri di cui poco sapevo, ma quel triplo stava da tre anni da parte, quasi intonso, dono della prima fidanzatina, una stronza di prim’ordine ma che almeno mi regalò un pezzo di un sogno che vivevo molto ma molto da lontano.

The Who, per me erano “quelli di Join Together”, con quello strano suono di scacciapensieri a scandire l’inizio del brano. Ci volle un po’ per decidere di andare oltre. Mi ricordo perfettamente : ero in casa di un amico, come al solito a far finta di studiare nei primi anni del liceo e lui tirò fuori un disco stranissimo. Si apriva a libro e dentro era pieno di foto, copie di documenti di danni d’albergo, di contratti rifiutati, di altri firmati. Mi innamorai prima ancora di sentire il disco. Pensai che se qualcuno aveva avuto il coraggio di mettere a corredo di un disco con una copertina così semplice tutta quella roba, ero obbligato a saperne di più. Il disco era Live at Leeds e la copertina serviva a ricordare un bootleg. La caccia era incominciata. Scoperto che la versione italiana era non solo chiusa ma priva di tutte quelle belle cosine dentro, non mi restava che cercarlo presso qualche negozio specializzato in importazione.

Fu un caso trovarne una copia a Pisa, in Borgo Stretto, insieme a una misteriosa copia di un disco completamente nero di un gruppo allora ignoto : So Far dei Faust. Ma dato che dentro a So Far c’erano delle copie di dipinti, chiesi un prestito di 1500 lire a un amico che temo non le rivide mai indietro. Quel giorno mi portai a casa un pezzo di nuova storia, stavo imparando che la musica pop… che adesso veniva chiamata rock… era anche copertine di immensa creatività.

E capii pure perché quel disco potente, pesante e tosto non veniva proposto in radio : i brani erano troppo lunghi, complessi, sarebbe stato necessario tagliarli e davvero non era il caso.

Chissà perché quando si parla o scrive degli Who…nessuno in Italia aggiunge l’articolo determinativo… non si approfondisce mai l’evoluzione, l’importanza, la grande tecnica dei quattro originali componenti. Andando oggi a ricomporne la storia, troveremo che il gruppo è vissuto di luce propria negli anni in cui il mondo era diviso in due tra Beatles e Stones mentre loro erano già altrove. Ma dato che nella Penisola le fonti erano sostanzialmente un paio, se quelle due sceglievano di non dare notizia di un qualcosa, quel qualcosa semplicemente non esisteva.

Oddio, c’era chi riusciva ad ascoltare Radio Luxemburg, chi, come me, inventava strane antenne casalinghe per recuperare i programmi delle radio americane per le forze armate di stanza in Italia… ed io avevo Camp Darby a Livorno, 30 km in linea d’aria… ma si trattava di esperimenti di ascolto pari allo studio dell’Area 51 in Nevada.

Certamente, c’era un inno generazionale inevitabile come My Generation, ma chi, nel 1965 e seguenti aveva la più pallida idea di cosa fossero realmente i Mods dalle nostre parti ? Le vicende inglesi ci arrivavano rarefatte e decodificate e tutto il lato sociale, culturale, era diluito, reso secondario. Vi racconto di una cosa incredibile.

Tre o quattro anni fa, me ne andavo sereno a gettare la spazzatura nei cassonetti differenziati non lontano da casa. Aprendo quello della carta, mi accorgo di un pacco di periodici italiani risalenti ai sessanta, Oggi, La Domenica del Corriere… roba da mercatino dell’antiquariato e in cima a tutto un articolo sugli hippies e su Woodstock : “chi sono e cosa vogliono gli hippies ?”. Un altro parlava di Altafini e Sinatra. Avrei voluto recuperarli tutti, erano una miniera di note e pareri di una cultura scomparsa, testimonianza di COSA ERAVAMO quando il mondo era già altrove da tempo. Ma mi vergognai come un ladro e recuperai solo quei due o tre che stavano in cima a tutto. Ho ancora quello sugli hippies. Credo che un giorno dovremo parlarne insieme, sarà un viaggio in un pianeta ignoto… perché quello che sta scritto lì dentro è un viaggio in un paese in cui è difficile riconoscersi.

Tornando ai nostri Who, chi vi avrebbe mai spiegato allora cosa rappresentavano all’interno della classe lavoratrice londinese, la loro estrazione, il loro spirito di vera ribellione ? Mi ricordo che in una biografia di Lemmy, lui si dilunga per qualche riga sulla differenza tra Beatles e Stones e dice, grosso modo : “… i Beatles erano veri eroi del proletariato, gente che veniva da Liverpool, che conosceva la durezza del mondo, mica fighette londinesi di Carnaby come gli Stones!”. Ecco, avevate mai letto una visione come questa ?

Il rock degli Who era inizialmente figlio di quell’onda di musica popolare che cercava e voleva il ritornello e il contenuto positivo della vita, ma che si era immediatamente modificato nei ruvidi racconti di strada e di vita delle periferie, dove sotto i calzoni corti dei ragazzini c’erano mille sbucciature e lividi e cicatrici dentro e fuori che non si sarebbero cancellate.

La “voglio morire prima di diventare vecchio” degli Who era un inno a bruciare velocemente prima ancora della ruggine di Neil Young. E poi quel rock : rustico, scarno, invadente, aggressivo. Nessuna concessione alla psichedelia tossica dei Cream, nessun riferimento se non al rock and roll bianco di Eddie Cochran, di Jerry Lee, ma con una differenza essenziale : Moon alla batteria, Entwhistle al basso, Townshend alla chitarra. Se deve esistere la Madre di tutte le garage bands questa non può che essere The Who, una influenza maggiore nella percentuale più alta dei gruppi rock inglesi e non a venire dalla metà dei sessanta in poi.

Un mio amico mi dice sempre : Keith Moon è stato l’Hendrix della batteria ed in effetti temo che nessuno picchiasse come quel pazzo furioso prima di lui. In certi casi, in certi dischi o esecuzioni dal vivo, trovo personalmente Moon persino eccessivo, fin troppo presente, debordante rispetto a come forse una batteria rock dovrebbe essere. E’ anche vero però che la tecnica di Entwhistle si è evoluta così velocemente per necessità di star dietro a quelle percussioni. E pur non essendo assolutamente un tecnico, tutt’altro, sento in quel basso molta più libertà e ampiezza di suono di quello che poi impareremo a sentire e lodare in Jack Bruce, pur maestoso e forse il più dotato dei suoi due compari.

Townshend non viene mai indicato come un grande dello strumento e d’altronde da lui non sentirete mai assolo alla Hendrix, rivisitazioni blues alla Clapton, alla Gallagher ma credo di non sbagliare se dico che raramente possiamo ascoltare una ritmica ed una solista ruvida al tempo stesso provenire dalla medesima chitarra nel medesimo tempo.

Se esiste un Mr. Riff potrebbe essere Keith Richards, più in là nel tempo, parecchio più in là, potrebbe essere su altre sponde Toni Iommi… ma onestamente farei molta fatica ad escludere dal podio Pete Townshend : quello che riusciva a partorire e supportare per il suo gruppo negli anni settanta aveva dell’incredibile. E non solo per il modo, ma anche per il metodo, per la memoria del riuscire a ricucire tutti i ritornelli di solista che andavano e tornavano nelle lunghissime esecuzioni dal vivo.

Suggerirvi di prendervi Live at Leeds sarebbe risibile. Non posso credere che ci sia qualcuno di voi che non lo ha in casa. Ma magari non vi siete presi la riedizione finale su cd di lusso con tutta la sequenza di Tommy in aggiunta che rappresenta quello che non avevamo mai ascoltato. Magari non avete ritenuto interessante accaparrarvi anche il Live at Hull, da alcuni indicato come addirittura migliore di Leeds, ed avete sbagliato. Hull , può sembrare folle, ma sembra più curato, più tecnico, meglio eseguito di Leeds, pur essendone speculare. Io trovo Leeds insuperabile e Hull più… “bello e pulito”… ma meno istintivo. Magari non avrete preso Wight o Toronto, e vi siete persi esecuzioni uniche, però avrete sicuramente dal 1965 al 1978 tutto quello che è stato prodotto in studio, per capire che The Who non sono solo quelli di CSI anche se Who’s Next resta un punto fermo per ogni rocchettaro che si rispetti.

Gli Who sono quelli della opera rock Tommy, tra le prime, con una vicenda talvolta ingenua e sul filo della blasfemia, di non immediata comprensione, ma così piena di creatività musicale e artistica da risultare un oggetto che davvero non si può non imparare a memoria. Daltrey, quel Roger Daltrey che pochi mettono tra le voci più potenti dell’isola è stato “il cantante” prima che lo scettro finisse a Paul Rodgers o Freddie Mercury… e siate bravi : stiamo parlando di estensione vocale, perché per me Percy resta il primo nel mio cuore.

Purtroppo non ho mai avuto occasione di vedere i “veri” Who, quelli con Moon e quando mi fu possibile, nell’81, non persi, tardivamente, quelli con Kenney Jones : ne valse la pena. La mia voglia di far conoscere quei tizi a un pubblico più ampio e non specializzato mi spinse nell’89 a comprare per la mia azienda il feed, la connessione, di un concerto americano in diretta per una tv che non esiste più. So che piacque molto a molti. Poco al mio editore, ma… #chissenefrega…

Oggi sta uscendo un live del 13 ottobre 1982, Live at the Shea Stadium, una registrazione da culto che era stata pubblicata precedentemente solo in versione video, un tempo in cui Entwhistle non ci aveva ancora lasciato e la forza era quella di quattro quarantenni in perfetta forma fisica ed esecutiva. In quel tour il gruppo spalla era The Clash… indovinate un po’ dove avranno imparato a sfasciare le chitarre sul palco i ragazzini dato che stavano insieme a chi lo faceva da una vita ?

Quanto al live al mitologico Shea Stadium, io mi fido sulla parola, Amazon mi attende. Pete, Roger e John : arrivo.

3 Commenti

  • Marco X ha detto:

    Mamma mia, possedevo una R4, in cinque facevamo davvero fatica ad andare avanti; gli Who, gli Who, una delle prime bands che quelli più grandi mi hanno inlculcato non nella testa, ma direttamente nel cuore, la performance di Woodstock con quel microfono che volava altissimo, gli strumenti distrutti nel film the Kids alrgiht e un live at Leeds arrivato in cassetta senza titoli delle canzoni, poi Tommy e Quadrophenia visti diverse volte, comprese quelle al cineforum scolastico.
    Adeeso dopo che mi sono comperato il Who’s next con annesso triplo live, mi tocca , mi suggerisci di comperarmi il live allo Shea, evabbè , faremo questo sforzo, anzi piacere.
    P.S.
    Li ho visti due volte, solo, tutte due con Zakk Starkey alla batteria, ma che gioia.

    • Giancarlo Trombetti ha detto:

      Beh anche la R4 faceva parte di quel ristretto circolo di auto “pratiche”. Ho avuto pure quella. Tutta roba di seconda o terza mano… dove ti facevi il segno di croce per sperare di aver preso il pezzo giusto. Gli Who iniziai ad approfondirli nel 71/72 … avevo altri suoni nella testa… ma ne rimasi colpito. Come non esserlo ? Dello Shea puoi trovare l’intero video sul Tube… così ti fai un’idea…

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