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Recensioni

Il rock non è (ancora) morto : i Gov’t Mule conquistano il Pistoia Blues

L'estate dei concerti ritrovati vede gli alieni Gov't Mule impreziosire il Pistoia Blues 2022 e conquistarlo grazie al loro brillante rock blues e a lunghe jam.

Tornare a Pistoia è come scegliere di riportare alla mente grandi concerti e grandi imprese. In quella piazza ho visto e ascoltato alcuni tra i miei artisti preferiti e poi lavorato a lungo, quando la collaborazione professionale con il promoter era piacevole e fruttuosa. Immaginare tutte quelle bobine originali delle nostre riprese video gettate in qualche scantinato o peggio ancora distrutte per inettitudine e negligenza mi fa venire le lacrime agli occhi… Rory che passa e saluta la vita, Ian Anderson che incanta, Johnny Winter che appare sempre più magro, Robert Plant che prende in pugno il festival, Stevie Ray che devasta prima di cadere con l’elicottero…Jimmy Page, Patti Smith…cento altri.

Tornare a vedere un concerto dopo quattro anni è ancora, forse, più emozionante. Gli ultimi erano stati i King Crimson che ancora ho negli occhi e nelle orecchie, ma non avrei mai immaginato di dover attendere oltre due anni per sentirmi a mio agio nel luogo che più mi ricorda la vita e il piacere : davanti a un palco. Il virus ci ha segnati ed anche se mi porto dietro la mia FFP2 provo a dimenticarla in tasca. Il viaggio verso Pistoia è una corsa in auto : voglio arrivare in tempo per salutare un paio di amici. Ma Claudio Trotta è a seguire i suoi Queen che ha portato a Bologna e Silvano Martini che è lì per lavoro e che abbracciare è un doppio piacere …per la paura passata dopo il covid e per la simpatia del personaggio… arriverà solo più tardi, in tempo per gestire la sicurezza di cui è responsabile…

Così mi dedico alla ricerca di cibo. Ho saltato il pranzo e non ho la minima intenzione di arrivare a stomaco vuoto fino al giorno dopo. Una affascinante piazzetta coronata da piccoli ristoranti ha un pozzo…o una fontana ?… al centro. A fianco due non più ragazzi propongono brani noti del blues in versione acustica. Se la cavano, ma la platea di affamati li imbarazza quel tanto da imporgli uno scherno continuo del loro approccio alla musica. Peccato, perché il suono è piacevole, delicato : voci, armonica e acustica.

La pizza… un po’ meno. La più sottile che mi sia capitata in vita tra le mani. Non cattiva, ma più simile a un’ostia che a una pizza. Fa caldo, ho sete, e faccio strappo alla regola…grosso modo faccio un paio di strappi al giorno… e mi concedo una Fanta, da cui dovrei star lontano.

Per non perdere il ritmo, sulla via del ritorno una gelateria mi urla di entrare; la “fantasia di crema” e cioccolata con arance è mia. Secondo strappo. La piazza è semideserta all’inizio e in fila per entrare ci si avvicina un cortese signore che ci ci ricorda con un volantino che i primi di agosto i Gong e i Colosseum saranno a Porretta Terme. Arrivarci da casa significa attraversare l’Appennino, ma lo faccio spesso con i miei cani, credo che nonostante Daevid Allen se ne sia andato a scombussolare il Signore e che degli originali Colosseum restino i soli Clempson, Clarke e Farlowe non credo proprio che salterò l’appuntamento : la musica chiama ed è necessario essere pronti. D’altra parte, a ben pensare, cosa ci resta a farci sorridere in questi momenti ? La guerra, la crisi economica, il covid, il tempo che impietosamente ci ricorda ogni anno che ne abbiamo uno in più ed uno in meno, gli acciacchi… no : andrò e vi racconterò. Che lo vogliate leggere o meno.

La serata è calda ma non afosa, una bottiglia piccola di acqua, per la misera somma di due euro…quattromila delle vecchie lirette… ci viene servita stappata. Ma rappresenta la sopravvivenza. Sul palco salgono certi Black Banjo, sinceramente mai sentiti nominare. Snocciolano via le loro canzoni, con un batterista debordante ed un cantante/chitarrista con un cappello a larga tesa in capo. Se la cavano, porelli, davanti al un pubblico distratto ed a un gruppetto di seguaci sul lato sinistro che conoscono già bene le loro cose. E’ il loro momento, se lo godono e iniziano a scaldare l’amplificazione. Non potrei dire altro.

I ragazzi che seguono si definiscono “provenienti dal profondo levante ligure”… o ponente?… ma se vi dovessi dire con certezza che nome si sono dati, direi una sciocchezza; credo di aver capito Roommates. Il sito del festival non ne riporta traccia, altrove non se ne recupera notizia. Cantano in inglese e presentano in italiano le loro canzoni; il genere ? A tratti un po’ grunge, a tratti no. Mi piacciono anche se avrei preferito saperne di più. Il gruppetto di ragazze al seguito con amici saprebbero spiegarmi…si sono dati il cambio con i predecessori nella medesima posizione, ma mi ci vedete andar lì e chiedere chi siano e che facciano nella vita ? Il loro momento scivola via, due chitarre, tre voci, un basso , una batteria anch’essa debordante. Non male, ma sempre spesso fin troppo presente.

Una attesa fin troppo lunga e il calare del buio ci portano alla esibizione di Joe Bastianich… non seguo i programmi televisivi su cibo e cuochi : non me ne frega niente, preferisco mangiare e cucinare con gli amici anche se in un’altra vita ho regalato l’idea della pillola di Gusto nel TG5 a chi, per ingordigia e mancanza di professionalità e perché non se lo meritava proprio, se l’è fatta fottere…si chiama karma, mi dicono… di questo Bastianich ho solo echi di sue esibizioni con i piatti altrui ben poco misurate e decisamente ben oltre il limite dell’offesa da lavare a mezzo di colpi di mattarello sul cotrione. Per i non toscani, dicesi cotrione la zona tra la base del collo e le spalle; i colpi ben assestati in quella zona, si ricordano sempre.

Cosa spinga un soggetto su un palco a cantare, cercando di trovare un contatto con il pubblico, lui che ha fatto della violenza verbale e dell’antipatia il proprio modo di imporsi, non mi è chiaro. Credo che il modo per giudicare la sua esibizione sia di utilizzare il campo che gli dovrebbe essere più congeniale : quello culinario. Le composizioni originali sono interessanti e qualitativamente valide come una mantovana senza uova o una carbonara fatta con la pancetta in scatola e condita con la panna. La sua presenza scenica è inferiore al cameriere che servendoti si infila le dita nel naso prima di porgerti il piatto; la voce è buona quanto un fritto che gronda olio scadente ma la sorta di country rock, condito con un po’ di americana al profumo di western e mandolino raggiunge la sua inutilità quando ci si cimenta con un paio di classici. Alla versione di Bertha dei Grateful Dead, cantata con lo stesso fascino di una mozzarella scaduta, ho la visione di Jerry Garcia che si rivolta nella tomba. Mi alzo, faccio due passi a fianco al palco dove il suono è decisamente più basso e conto fino a cento. Mi siedo di nuovo e vorrei urlargli… get the fuck out of here…visto che l’inglese è la madrelingua, ma penso che siamo alla fine delle portate e la sofferenza è terminata. Abbiamo pagato per i Muli, lui è un contorno non richiesto.

Il settaggio del palco per i Mule impiega oltre venti minuti e con lo scorrere del tempo ci rendiamo conto che ogni minuto che passa è tolto al loro concerto. I Gov’t Mule sono famosi per i loro concerti intorno alle tre ore, si ha la certezza che il coprifuoco imposto sugli orari della piazza rosicchi inesorabilmente il tempo che ci resta. Un clamoroso “levati dai coglioni!” con aggiunta del nome di un noto animale affiancato a quello di Nostro Signore ed indirizzato a Bastianich poco prima ci faceva capire che molti comprendono che rischiamo di vedere un Warren Haynes costretto all’angolo dalla manccanza di tempo. L’invito non sappiamo se raggiunge il destinatario, certo è che nessuno chiede un bis della portata. Sono le undici meno venti.

E’ inutile descrivervi la musica dei Mule. Posso solo dirvi che restano per me il trio di basso, chitarra e batteria più agile, potente ed efficace in circolazione, che i loro dischi, in particolare quelli dal vivo, sono sempre luminosi, caldi, che ti avvolgono di un piacere…una scioglievolezza, diceva una vecchia pubblicità della Lindt… che ti rimette in pace con il rock and roll. Quello che certi miti osannati negli stadi non hanno mai del tutto frequentato né lo faranno mai e che nel suono ruspante, vivo, dei Muli mostra la prova che finché circoleranno interpreti del genere, nulla potrà dirsi morto.

I Mule avevano perso con Woody un bassista eccellente, complemento perfetto di quel Matt Abts che resta uno degli interpreti eccellenti del rock blues e che pochi indicano come tra i migliori anche se , all’ascolto, il suo lavoro è impressionante. Jorgen Carlsson lo affianca da 14 anni ormai e con il suo basso forma una ritmica realmente da paura, una base di una solidità ed una presenza spaventosa su cui ricamare melodie e assolo. Ricordate che poco sopra abbiamo definito “debordanti” i due batteristi dei gruppi di supporto ? Bene, Abts con un lavoro di piatti e cassa non ha necessità di emergere se non solo come metronomo di lusso, ma quando gli strumentali aumentano di ritmo e Haynes parte con cascate di note sempre più veloci, il basso di Carlsson e la batteria inondano la piazza, una presenza massiccia, precisissima, potente, che comprende il resto della musica, elevandola ed evidenziandola, senza sommergerla pur potendolo fare.

Sono questi i momenti in cui si nota la differenza tra debordare ed evidenziare. Abts è spaventoso con il suo lavoro e Carlsson un tutt’uno con lui. Haynes ha in Danny Louis un contraltare perfetto sia quando il pelato imbraccia la ritmica, sia quando colora con un tappeto di tastiera il cantato.

Ascoltare il rock ed il blues e le tonalità jazz dei Gov’t Mule ci fa capire perché noi mediterranei non potremo mai e poi mai neppure andare vicino a quell’istinto musicale che muove e governa chi, nella propria cultura, dal primo vagito, vive e respira quello che noi non potremo far altro che riprodurre. Noi andiamo sul palco cantando una lingua che non è la nostra ma che è perfetta, la più coincisa e musicale al mondo, ma pur facendo il nostro massimo non andremo mai vicini a quell’essenza che continuerà a sfuggirci, restando lontana dal nostro essere. Non è una critica : ma una semplice constatazione. In California potranno produrre del buon vino, ma non sarà mai un Chianti. Perché il nostro sole, la nostra terra, i nostri secolari comportamenti, per quanto copiati, non saranno mai i loro.

Così come i nostri con la loro musica.

La scaletta di Haynes è un equilibrio quasi perfetto e studiato per una nazione che non possiede (ancora?) il nuovo disco, per cui all’Italia viene offerta una selezione di classici riveduta negli strumentali che scivolano via perfetti e gustosi anche nelle piccole sbavature come una portata che lascia scivolare, ogni tanto, un po’ di cibo in eccesso fuori dal piatto… ma la sequenza quasi finale di One of These days, con il basso di Carlsson a superare la linea tracciata da Waters, seguita da Trane, da Need Your love so bad, e da quella Dreams, uno dei brani più jazzati e sognanti degli Allman, lascia senza fiato.

Prima c’erano state Mule, Banks of the Deep End, Rocking Horse, Ain’t no love in the heart of the city…arriveranno Soulshine  Feel Like Breaking Up   nel bis, insieme ad altre.

Due parole sui titoli. Non è possibile dare per certo un brano strumentale in vece dell’altro. Nel corso dell’esecuzione i Mule citano se stessi e confondono le acque mescolando Kind of Bird con Trane, Sco-Mule con inserti strumentali che non sono legati strettamente al nome del brano, che forse dà il profumo della jam , della improvvisazione, ma che se davvero lo fosse del tutto ci mostrerebbero dei giganti in grado di dettare una strada e modificarla in corsa con uno sguardo. Davvero non potrei dire che ogni cavalcata strumentale fosse proprio quella dettata dalla versione originale. D’altra parte chi ama i Gov’t Mule conosce perfettamente la loro raffinata arte della citazione dotta, delle note che si insinuano e scompaiono tra le proprie, dei Mountain che affiorano in mezzo ai Dead o ai Traffic : medesima acqua del medesimo fiume, per loro. Alla faccia nostra e delle nostre divisioni tra i generi.

E la dedizione, il rispetto, l’amore profondo di questi interpreti per le grandi cose del passato, tutte, senza distinzioni, in un continuo remake che traccia una linea che va dagli Stones, agli Zeppelin, passando per i Pink Floyd… ricordiamo che i Blue Floyd sono stati un insieme di membri di Allman Bros, Black Crowes, Gov’t Mule, tutti dediti alla riproposizione di brani reinterpretati dei Pink Floyd... e centinaia di altri dai Beatles agli Skynyrd a Zappa, Prince… fa dei Mule un gruppo speciale, in grado non di riproporre meramente omaggiando, ma di offrire un proprio punto di visione di un mondo meraviglioso di cui loro sono parte integrante ma che, pur restando su un palco, vivono e ascoltano con profondo amore.

Potrei citare un solo altro gruppo statunitense che, a mio parere, evidenzia la medesima attitudine nei confronti delle cover che propongono : i Phish di Trey Anastasio.

Un concerto dei Mule è quindi un quadro astratto dove mille note vanno a comporre una visione unica di quell’oggetto luminoso che è il rock and roll.

Non ricordo di aver speso meglio i miei denari. Sia nei loro dischi che nella notte che mi ha portato davanti a Warren, Matt, Jorgen e Danny. In fondo alla serata le ore di spettacolo sono state praticamente due , abbastanza per definirsi soddisfatti : i Muli atterrano su Pistoia Blues e lo conquistano, alieni in terra aliena.

La sera di Pistoia è calda, ma non afosa e le viuzze che separano la piazza del Duomo dal parco dove ho lasciato la mia macchina, ingannevoli. Giro come un fesso allontanandomi dalla destinazione finché una simpatica famiglia su una ciclabile mi indirizza correttamente. Quando esco fuori dall’autostrada non c’è nulla di civile ed aperto che possa lenire la mia sete : troppo tardi. Arrivo a casa come dopo una traversata del deserto. Un tè gelato e crollo. L’età per la musica ci sarà sempre, quella anagrafica, ogni tanto si fa sentire. Penso al prossimo obbiettivo, alle ore di macchina che mi aspetteranno, ma sono certo che ne varrà comunque la pena.

24 Commenti

  • Omar ha detto:

    Sono un fan di vecchia data dei Muli. Li ho visti un paio di volte prima della data di Chiari. Non sono d’accordo con l ‘entusiasmo di chi ha scritto . Per me è stata una serata riempitiva di una tournée più importante. E una acustica pessima sotto quel porticato.

    • Giancarlo Trombetti ha detto:

      Chiari ? Io ero a Pistoia, l’acustica era perfetta, il concerto ottimo. Manda due righe ai promoter di Chiari… 😉

  • Morello cherici ha detto:

    Caro Trombetti ho 70 anni e seguo la musica di tutti i generi dai 18 e per me tu sei troppo commerciale… Hai nominato gruppi che sono andati avanti con le spinte del business… Ma uno che fa il critico di musica dovrebbe guardare in altre direzioni perché ci sono gruppi molto meglio di quelli che hai nominato…. Ma molto molto interessanti… Quindi, scusa se te lo dico, segui troppo la marea… E siccome hanno diritto di vivere anche questi aggiornati e spazia il mondo della musica che è talmente grande che merita di essere visto…. Sono a tua disposizione…

    • Giancarlo Trombetti ha detto:

      Grazie per esserlo e per distinguere i gruppi che sono andati avanti con le spinte del business… sarei curioso di sapere quali ottengono successo grazie al business e quali no. 🙂

  • Bobrock ha detto:

    Non ero a Pistoia altrimenti avrei fatto il bis e dato che ero a Londra per PJ ho ripiegato sulla data di Chiari . Ennesimo show di un gruppo immenso che in Italia non ha molti adepti ma direi anche in Europa avendoli visti più volte .
    Mi sfugge anche il fatto che Phish e DMB negli usa riempiono gli stadi e i muli si limitano ai teatri . Ci sono logiche che non capisco .
    Il discorso del timing potrebbe ( uso il.condizionale ) essere legato all’ingaggio ; avevo letto in una intervista a warren Haynes che esistevano due tariffe a seconda dei set che venivano eseguiti .
    Detto questo le loro performance dal vivo parlano da sole ma purtroppo ai loro concerti siamo sempre in pochi .

    • Giancarlo Trombetti ha detto:

      Temo che si senta il peso della mancanza di kritika… ci sono concerti minori, a mio parere, che godono di esaltate pre-recensioni che spingono anche il curioso a esserci. E spingono quelli che non sanno farsi una opinione propria ma che si fidano di tizio o caio in primo luogo ad andare al concerto e … a farselo piacere. I Mule, sempre per me, sono tra i migliori gruppi in attività : grande tecnica, ottime canzoni, eccellenti cover e tanta modestia. Merce rara di questi tempi malati.

  • Marco X ha detto:

    Visti il giorno dopo a Chiari , partito e tornato da solo, ma per i Muli ne vale sempre la pena, ormai non tento nemmeno più di convincere qualcun’altro ad accompagnarmi, vado, mi gusto il concerto e me ne torno a casa pensando quale altra dozzina di brani avrebbero potuto suonare.

    • Giancarlo Trombetti ha detto:

      Non so se andrei un concerto da solo, mi piace commentare e stare in compagnia… però capisco… mai pensato di organizzarti con incontri sul posto o cambiare amici a casa ? 🙂

    • Giancarlo Trombetti ha detto:

      Caro ragazzo…sono più veloce di te 🙂 avevo già beccato il live e l’ho segnalato sul mio facebook. Grazie a nome di tutti quelli che se lo ascolteranno…

      • jack Ford ha detto:

        Ottimo, e grazie per il ragazzo …. di una volta. Aggiungo , ma lo saprai da vecchia volpe … che il sito nugs.net offre le registrazioni complete di molti live, tra cui quelli dei nostri amati, e volendo per la modica cifra di 12.90 scarichi il concerto di Pistoia….

  • Baccio ha detto:

    Giancarlo,
    se vuoi andare a vedere i Colosseum in compagnia contattami sulla mail, abito a Pisa, ho passato i 60 anni , sono un professionista, insomma Ti puoi fidare che non faresti il viaggio con un mezzo matto, ma con un appassionato di rock !

    • Giancarlo Trombetti ha detto:

      Pisa dicono sia mondo civilizzato…oddio, con tutte le barzellette sui pisani ed il barroccio forse da poco 😀 … io abito in montagna e da lì mi muovo. Facciamo che ci incontriamo lì. Dovresti riconoscermi : anziano, alto, con cesto di capelli ricci, sicuramente in jeans e maglietta…

  • roberto ha detto:

    complimenti Giancarlo, è sempre un piacere leggerti.
    Ero presente anch’io e condivido al 100% quello che hai scritto, con la sola eccezione per l’organizzazione del festival.
    Come hai ricordato giustamente tu i Mule suonano solitamente quasi tre ore in due set con intervallo. A Pistoia, come le altre volte che si sono esibiti in questo festival (come anche accadde ai Black Crowes) devono tagliare la scaletta per ragioni di coprifuoco………………ma scusa, non potevano mandarli prima sul palco? Se dovevano far suonare i tre prima non si poteva iniziare in anticipo ?
    Per fortuna la Dark Star Orchestra non avrà nessuno in apertura ;-)…….. Ci si vede a Lucca ?

    • Giancarlo Trombetti ha detto:

      Ciao Roberto…diciamola tutta : sai perfettamente che in occasione dei festival, quando sono presenti più gruppi, nessuno può proporre il proprio set per intero. A mia memoria ricordo solo un paio di artisti che da headliner fecero un concerto “intero”. Uno furono gli Zeppelin a Knebworth. Possiamo dire che ci saremmo risparmiati il cuoco…e vabbè, pazienza… non credo che avremo mai altre occasioni per rivederlo 😀 a Lucca cosa ci sarebbe da seguire ? Aiutami… e poi come farei a riconoscerti ? Vorresti una rosa rossa in mano ? 😀 😀 😀 dai…avremo sicuramente un concerto in cui ci conosceremo. Il mio prossimo è il 7 agosto a Porretta.

  • Luca Guiotto ha detto:

    Ottimo resoconto.
    I Muli sono talmente liquidi che mi ricordano un torrente di montagna: è bellissimo farsi trasportare dalle loro onde calme e a volte impetuose.
    Vorrei anche ribadire che alla liquidità della band americana ha fatto da contraltare la solidità dello chef..
    .. è riuscito infatti a solidificarmi i cosiddetti.
    Up the Trumpetz.

    • Giancarlo Trombetti ha detto:

      I Muli mi riconciliano con il rock blues. E poi Warren è un vero appassionato di musica : professionale ma anche un fan nell’animo. E si sente.

      • Daniele Bragaglia ha detto:

        Lasciamo stare io ho visto tutti i gruppi dei quali si parla ancora ma non hanno niente a che fare con quelli di allora se non il nome .Queste cose mi mettono solo tristezza d’ altronde e questo non c’ entra nulla quando leggo che Caru’ a Gallarate dal quale mi recavo spesso negli anni 70 e’ secondo alcuni commenti mediamente fornito la musica Rock e’ morta.

  • Chiara ha detto:

    👍👍🖖

  • Roberto ha detto:

    Grande Giancarlo leggo sempre con piacere le sue recensioni e rubriche, ero anch’io in piazza Duomo a vedere questo splendido gruppo .
    Sono uscito soddisfatto ed estasiato dalla classe di Haynes e compagni, peccato solo non sia più il festival di una volta ,avremmo potuto ascoltare ben altri artisti invece che Bastianich!
    Un saluto ed ancora complimenti

    • Giancarlo Trombetti ha detto:

      Ciao Roberto, bello che i Mule siano piaciuti a tutti… grande gruppo e grande musica. Sul festival io non sarei così crudele. Vedi, i grandi del blues sono tutti morti o quasi e i festival devono fare i conti con chi, nel periodo della loro organizzazione, è in tour e, non secondario direi, quali rientrano nel budget. Ti faccio un esempio pratico : il Reading Festival nacque come festival di jazz e blues; il loro logo conteneva esplicitamente i due generi. Poi i tempi sono mutati, è arrivato il rock, il rock blues, il punk e il metal. Reading stava sempre lì, attirava un pubblico diverso ma non necessariamente peggiore rispetto a quello raffinato degli inizi. Anch’io vorrei vedere più musica vicina ai miei gusti a Pistoia…ma anche a Lucca, in Umbria, altrove… ma ogni promoter deve fare i conti con le due varianti che ti ho sottolineato. Bastianich no, ma con un po’ di fortuna vedremo altro in questa lunga estate…a Porretta, come detto, ci sono Gong e Colosseum. Secondo me valgono assolutamente il viaggio, come lo meriterà la Dark Star Orchestra, non solo una cover band dei Grateful Dead, che onorano il tour europeo dei Dead con i brani del 1972. Non ci conosciamo ma possiamo farlo in una di queste occasioni. Grazie.

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