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ALBUM & CDHard & Heavy

Ghost, Opera V: “Impera”

Di 7 Marzo 2022Aprile 13th, 202220 Commenti

Teatro infernale

Un nuovo album dei Ghost sarebbe stato un evento anche in tempi di maggior fertilità del rock, l’hanno dimostrato attraversando le epoche, dalle levitazioni psichedeliche a certi slanci estremi del metal, senza spingersi verso paradossali eccessi. Tanto più spicca nell’asfittico panorama odierno, dov’è arduo imbattersi in proposte lontane dal déjà entendu; semmai ci confortano dignitosi riflussi di hard rock classico a nome Naked Gypsy Queens o Dirty Honey, che forse non godrebbero della meritata esposizione senza l’imprevisto boom dei discussi Greta Van Fleet.
I Ghost ovviamente sono una creatura proteiforme di tutt’altra specie; hanno dimostrato che dalle origini underground nel grande Nord si può ancora assurgere al summit del mercato più remunerativo del mondo – gli U.S.A. naturalmente – svelando inenarrabili doti trasformistiche, nella musica come nell’immagine. Di pari passo, dalle arcaiche sembianze sataniche di Papa Emeritus I, unica figura dai riconoscibili lineamenti in decomposizione, attorniato dal suo “clero” di anonimi incappucciati, hanno compiuto una progressiva, trasformazione hollywoodiana nell’immagine attuale, furbescamente definita “teatrale”, di certo meno raccapricciante. Così il Quarto Papa, quando indossa abiti secolari accantonando i paramenti liturgici, non è molto dissimile dallo Joker che ha riempito le sale cinematografiche, mentre i suoi musicisti, i Nameless Ghouls, si ripresentano con elmi da palombaro, fortunatamente per loro senza scafandro…
Tobias Forge è il grande burattinaio (come nel video di “He Is”, ai Grammis 2016), regge le fila dei musicisti senza volto che si alternano al suo fianco e non è un caso, perché difficilmente l’espressione dei Ghost sarebbe stata così cangiante senza un leader “despotico”, che rigorosamente controlla con versatile genialità ogni direttrice del suono. E permettete la metafora, che non dev’essere equivocata con la tragica realtà dei giorni nostri.
Da tempo la setta svedese rappresenta anche un rilevante fenomeno commerciale, ma non si può dire che approfitti ad ogni costo della curva ascensionale, poiché il precedente album “Prequelle” risale al giugno 2018, e nonostante la pandemia, molti artisti di fama sono già tornati con novità discografiche.

La funesta sorte che colpì...gli Imperi

Il fantasma nella cattedrale (Foto: Mikael Erikkson )

Mentre il mirabolante “Prequelle” traeva macabro spunto dal letale diffondersi della “peste nera” in Europa, epidemia che dilagò intorno alla metà del 1300 mietendo milioni di vittime, la fonte d’ispirazione del nuovo album nasce dalle pagine di “The Rule Of Empires”, il saggio scritto da un professore universitario di storia, Thimothy H. Parsons, che ha ricostruito millenni di ascese e cadute dagli Imperi, dall’antica Roma al dominio Napoleonico fino alle dittature e alle mire imperialiste del XX° secolo, rappresentando un monito contro i falsi miti creati dai poteri forti, spesso responsabili di catastrofi umanitarie. Vale anche come paradigma dell’incresciosa decadenza contemporanea, sfociata in criminali devastazioni belliche.
Tobias Forge ha adattato il tema alla sua personale creatività in “Impera”, viaggiando con l’immaginazione dall’Inghilterra Vittoriana a tematiche attuali, senza però cristallizzarsi nel tema unitario tipico degli album-concept, sorretti da una trama esplicita.
Non meraviglia che l’opera quinta, sia annunciata da un preludio strumentale, “Imperium”; fra le precedenti, solo “Meliora” non ha seguito la stessa prassi, ma per ironia della sorte il tandem esecutivo Klas Åhlund/produzione e Andy Wallace/missaggio, è lo stesso di quel terzo album.
“Imperium” è un’intro dall’incedere marziale, si dischiude su arpeggi acustici per risolversi in maestose aperture della chitarra solista in un crescendo di volume, palesando l’influenza mai dissimulata da Forge degli Iron Maiden.
Il vero e proprio assalto è lanciato da “Kaisarion”, che inizialmente fa pensare ad una versione malevola di “Spirit Of The Radio” dei Rush (Permanent Waves-Era); si tratta fondamentalmente di un trascinante brano dall’afflato eroico, pungolato da chitarre sfavillanti nella tradizione degli anni ’80, con intermezzo strumentale dove esondano richiami di hard rock progressivo.

Naturalmente Tobias alias Papa Emeritus IV, identifica istantaneamente il gruppo con la sua vocalità, pur nelle sottili metamorfosi stilistiche, ed allude alla violenta ascesa di un nuovo “Impero” senza omettere spunti sarcastici contro la religione.
“Spillways” sorprende invece con l’arrangiamento AOR che trae linfa vitale da un piano ritmato, a sua volta dalle reminiscenze Eighties. Inconfondibile è però lo spleen melanconico che tipicamente aleggia sulle melodie dei Ghost; ma non è certo “leggero” il tema affrontato, ovvero l’oscurità che si cela dentro ognuno di noi e cerca una valvola di sfogo. Anche il focus del singolo “Call Me Little Sunshine” è tutt’altro che retrospettivo; accenna ad una subdola seduzione mefistofelica attraverso il computer, forse alludendo ai rischi fatali della “rete oscura”…Davvero impressionante il video girato da Matt Mahurin, regista di famosi filmati musicali (Metallica, Queensryche, Def Leppard etc.) ma anche fotografo e collaboratore delle principali testate giornalistiche americane; protagonista è l’attrice Ruby Modine, che ha recitato nel film “Satanic Panic”, forse non a caso omonimo del “Seven Inches Of S.P.”, singolo dei Ghost uscito nello stesso anno, 2019. Al di là di questi aspetti, il brano evidenzia un fantastico lavoro di produzione, le sonorità sono contemporaneamente sinistre e cristalline, ed il ritmo è scandito dal rintocco ferale di una campana, che risuona anche dietro il diabolico invito Call Me!… L’assolo di chitarra alimenta il caratteristico clima di pathos, a dimostrazione che cambiano i musicisti, irriconoscibili dietro le loro maschere, ma il supremo illusionista del regno oscuro è sempre lo stesso, ed il brano sfuma fra cori e altrettanto lugubri note liturgiche dell’organo Hammond.
Di “Hunter’s Moon” abbiamo già detto nell’articolo sui Ghost dell’ottobre 2021. E’ il brano che accompagna l’epilogo del film “Halloween Kills”, un tipico horror, e Forge lo ricollega all’Impero dell’immaginario infantile, verosimilmente a sogni popolati da spaventose entità. E’ assolutamente perfetto per colorare con la musica sequenze cinematografiche. Da encomio la mistura fra cori post-gregoriani ed armonie vocali che rimandano ai classici Styx, sferzati dallo stridente “tirar le cuoia” alla chitarra.
“Watcher In The Sky” ostenta un riff fra i più potenti e voluminosi, sottolineati da effetti “spaziali”. Il clima tecnologico sottende il tema della scienza usata a scopi fuorvianti e nel finale, le chitarre gemelle suonano come un efficace tributo agli Iron Maiden.
Gli fa seguito “Dominion”, un breve, tetro strumentale che evoca paesaggi da fantascienza e fa da spartiacque con “Twenties”; l’innesto dei fiati manifesta affinità con l’avant-garde metal dei migliori Celtic Frost, ma il brano è frenetico e inclassificabile, stilisticamente il più moderno dell’album, può esser accostato a certe soluzioni dei Rammstein. L’ispirazione risale invece agli Anni ’20, culminati con la Grande Depressione del 1929, un altro periodo assai fosco della storia dell’umanità.
Invece “Darkness At The Heart Of My Love” si distende su un tappeto di chitarra acustica addirittura di foggia Genesis-Steve Hackett époque, risolvendosi in un’epica ballata à la Ghost, alla quale i cori femminili nel finale conferiscono un’atmosfera trasognata e indimenticabile.

Il libro di Timothy Parsons, “The Rule Of Empires”

Matt Mahurin, il regista di “Call Me Little Sunshine”

Papa Emeritus IV & Nameless Ghouls (Foto: Mikael Erikkson)

Assai più spietato il testo, un ennesimo attacco a chi professandosi “timorato di Dio” e di sani principi, agisce per accumulare ricchezza e potere personali.
Simile la parabola di “Griftwood”, che prende di mira predicatori evangelici ossessivi; ciò che cattura l’ascolto è  invece una rocciosa ma elegante struttura di hard rock melodico, sempre accattivante grazie ad armonie vocali ricche di enfasi, mentre l’innesto del piano acustico conferma l’inusitata capacità di variare l’atmosfera del suono; si colgono anche un paio di accenni, probabilmente inconsapevoli, del riff di “So Young So Bad” degli Starz…Dopodiché, il fugace interludio strumentale “Bite Of Passage” conduce alla pièce de résistance di “Impera”, i quasi sette minuti di “Respite On The Spitalfields”; si tratta di un composito brano prog-metal altamente espressivo, senza indulgenze tecnicistiche, dove Forge riesce a trasformare in un’ode incantevole la sinistra storia di Jack lo squartatore, nei malfamati anfratti londinesi dell’epoca Vittoriana (Spitalfields e Whitechapel erano le località dell’East End dove colpiva il fantomatico killer); un ritratto che denuncia la faccia sordida dell’imperialismo britannico, da un lato l’aristocrazia sprezzante dei quartieri alti, dall’altro il degrado delle zone urbane dov’è confinata la popolazione in miseria. Ma le venature melodiche sono avvincenti quanto lugubri, non meno delle ormai classiche “He Is” e “Life Eternal”.
Ogni album dei Ghost ha un proprio carattere differente dai predecessori ma gestito dalla stessa personalità ben riconoscibile, e “Impera” non fa eccezione. E’ presto per emettere giudizi definitivi, ma il quinto album di studio è un altro prezioso gioiello dello scettro diabolico; ogni brano vanta una propria autorevolezza e nessun “riempitivo” superfluo penalizza la collezione, grazie alla scelta avveduta di una durata realistica (circa 46 minuti). Le accuse di virare verso un suono “mainstream” sono assolutamente risibili, soprattutto in anni in cui le principali correnti rock vanno pedestremente dal post-grunge all’alternative metal, senza menzionare varietà che nemmeno prendo in considerazione. E’ pur vero che nell’”Impero” attecchiscono efflorescenze stranianti tipiche della golden age hard’n’heavy degli anni ’80 in un’ottica fantasiosa, ma non è questo oggi a far tendenza; semmai spiace l’allontanamento di quelle fuligginose tastiere rituali, assai presenti in passato. Insomma, i Ghost si confermano la più rilevante entità rock del Terzo Millennio ed “Impera” è inevitabilmente un acquisto essenziale.

“Impera” (Loma Vista Recordings) è in uscita l’11 marzo.
“Live From The Ministry” è l’evento di presentazione ufficiale dell’album

20 Commenti

  • Lorenzo ha detto:

    Ciao a tutti, per me questo disco fa leva su una coerenza compositiva notevole, per farla breve è bello ruffiano, ma come lo fa bene! Unica pecca, giudizio persinalissimo, una produzione tanto tanto troppo pulita, un mix che avrebbe reso, forse con scelte impopolari ai più, il tutto più heavy e un pochino meno catchy. Detto questo, bravo Tobias, scrivi bene, solo trattali bene sti ghouls, so’ ragazzi!

    • Beppe Riva ha detto:

      Ciao Lorenzo, evidentemente “Impera” imprime una svolta di maggior accessibilità, seguendo certi slanci di “Prequelle”, sia a livello compositivo, sia di produzione. I Ghost non perdono però il loro fascino oscuro e intanto, abilmente, guadagnano pubblico. Così facendo risultano sempre identificabili, mai ripetitivi. Ovviamente ognuno sottolinea le proprie sfumature d’ascolto, ma “Impera” è un gran bel disco. Grazie del commento.

  • Alessandro Ariatti ha detto:

    Ciao Beppe: ho sempre apprezzato i Ghost fin dal primo album, uscito per l’etichetta di Lee Dorrian dei Cathedral. Che fossero un “gruppo” (?) dagli orizzonti ben più commerciabili rispetto alle classiche uscite Rise Above, lo si capì fin dall’inizio. Certo che nessuno, credo, avrebbe potuto prevedere un simile seguito di pubblico. A me fa piacere perchè, polemiche o no, i loro dischi perpetrano la magia del rock (hard) anni 80 e 70. Questo Impera non fa eccezione: molto bello. A presto, Maestro!

    • Beppe Riva ha detto:

      Ciao Alessandro, fa piacere averti sempre “in lettura”. A proposito del primo album, “Stand By Him” sicuramente (orecchiabile), “Con Clavi Con Dio” magari qualcuno l’ha fatto scappare! Doti melodiche innate e comunque evidenti nel “Papa” Tobias. Un successo di tali proporzioni era senz’altro impronosticabile, ma in qualche modo spalanca le porte a chi crede nel proprio talento, perché i Ghost dimostrano che nulla è precluso a priori. Ed è vero, perpetrano la magia degli anni 70 (anche precedenti) e negli ultimi 2 album, specialmente in “Impera”, anche quella degli ’80. Grazie delle considerazioni.

  • Luca ha detto:

    Parlare di Ghost non è facile, non è solo Musica, ma molto di più. Differenziare l’aspetto musicale dal resto no risulta semplice, cercherò di essere razionalmente imparziale senza pregiudizi e senza favoritismi. Ho ascoltato il cd più volte e vedo il tentativo ben fatto di fare il salto di qualità, di crescere cercando un po’ forzatamente di aumentare la
    Propria platea di fedelissimi. Album decisamente ben suonato, prodotto alla grande a supporto di pezzi vincenti. Sicuramente a fine anno sarà nella mia top 10 dell’uscite 2022. Ascolto direi consigliato a tutti i rockers permettendomi di suggerire, come fatto a me stesso, di giudicare la sola proposta musicale

    • Beppe Riva ha detto:

      Ciao Luca, ti conosco come appassionato di lunga data di classico hard’n’heavy, quindi il tuo giudizio non fa che confermare la mia opinione sul potenziale appeal della musica dei Ghost nei confronti di un pubblico maturo, che non si fa irretire da proposte “qualsiasi” di tendenza. Non so cosa intendi nel consigliare l’ascolto della “sola musica”…Se ti riferisci ai contenuti, siamo ben lontani da banali concezioni di negatività, piuttosto si tratta di una critica oltraggiosa ma tutt’altro che semplicistica sui falsi perbenismi ed anche sulla religione. Può esser considerata inaccettabile, ma intanto le profezie degli ultimi album, non si sa come, si stanno dimostrando spaventosamente realistiche. Grazie del misurato intervento.

  • Luca ha detto:

    Ciao a entrambi,
    ringrazio come sempre il duo Riva-Trombetti per ospitare i pistolotti di noi lettori.

    Anch’io sono per l’acquisto (giusto ieri, Isolation dei TOTO, rigorsamente CD, slurp) del fisico.

    Secondo me il disco migliore di Forge rimane il primo, questo si gioca il secondo posto con Infestissuman, continuo l’ascolto e mi sembra la tendenza sia questa. La produzione è un po’artefatta, ma superiore alla media dei conterranei. Sul miglioramento composizioni-arrangiamenti: o sei Zappa e fai tutto da solo, oppure si collabora. Forge forse avrebbe bisogno d’una sponda per concretizzare ciò, a meno che i diversi musicisti succedutisi abbiano ogni volta influenzato in modo diverso al proposta.

    • Beppe Riva ha detto:

      Ciao Luca, noi ospitiamo sempre volentieri le opinioni dei lettori, l’importante è che tutti sappiamo che possono esser divergenti. Per esempio noi stessi, Giancarlo ed io, siamo probabilmente più distanti che vicini negli orientamenti musicali. Personalmente non attribuisco qualità “divinatorie” a Zappa, forse perché non faccio parte della crema giornalistica italiana che l’ha sempre incensato, spesso sbeffeggiando l’hard’n’heavy che i “cremosi” avrebbero sempre confinato ai margini, se qualcun altro non avesse dato voce al rock duro ed alla sua vasta popolazione. Quindi rispetto assoluto per FZ si, ma l’avresti visto produrre il disco dei Toto che ti affascina? Al di là di ciò, Forge si è sempre avvalso di contributi esterni per la produzione, ma è evidente che abbia deciso in merito (e meno male, perché ne ha le capacità) così i dischi dei Ghost sono sempre apparsi uniti dallo stesso filo conduttore (personalità) ma diversificati come quasi nessuno è oggi in grado di realizzare. Produzione artefatta? Beh, se il tuo preferito é il primo “Opus”, il più brutale e underground, chiaramente la differenza si sente. A mio avviso sottolineerei piuttosto l’evoluzione del gruppo (chi è interessato può leggere il mio articolo dell’anno scorso), inoltre non stilerei classifiche sugli album dei Ghost proprio perché “mutanti”, e nessuno di essi mi ha mai deluso. Poi ognuno, giustamente, si diverte come vuole. Grazie

      • Luca ha detto:

        Ciao Beppe,
        la divergenza fa bene se porta a qualcosa di buono se esercitata col rispetto reciproco, e quì sembra ci sia una bella palestra.

        Zappa è stato uno dei pochi ad avere una creatività sempre lucida, molti al terzo disco si spompano. La stampa italiana aveva buon gioco a incensarlo per motivi di curva, voglio vederli a far bene quel che le Heart come fecero fra il 1975 e il 1993…!
        Lui a produrre i TOTO sarebbe stato interessante, magari via Dwyzil (Miles Davis suonò su Fahrenheit, ciò me lo fa ritenere una possibilità). E poi è stato mentore di Vai (dopo Satriani) gran girovago dell’Hard.

        Il primo dei Ghost lo trovo più sincero, Impera è più compatto e maturo. Hai ragione, la mutazione è importante, indica voglia di sperimentare. Trovo sensibilmente aumentato l’apporto dell’ispirazione del metodo BOC, questo spiega il disco: meno sperimentale di Prequelle ma più della media dell’Hard attuale.

        Ti consiglio un gruppo con attitudine simile: gli Spell, canadesi. Fanno un Metal epico con tocchi di contaminazione e rimescolamento di stili, l’ultimo Opulent decay è un gran bel disco. Forse la strada per dare una nuova vitalità è questa?

        • Beppe Riva ha detto:

          Ciao Luca, non metto in dubbio la tua preparazione, lasciami dire che possiamo vantare lettori competenti ed anche personaggi importanti dell’ambiente discografico che non cito per discrezione. Quindi non intendevo “negare” le tue teorie. Semmai dubito che il metodo Zappa potesse esser funzionale all’hard rock, anche se lanciò il giovane Alice Cooper e produsse “Shinin’ On” dei Grand Funk, che per me (seppur caratteristico) non è fra i loro album migliori. Mi fermo qui per non apparire stucchevole…Ma evidenzio per chi ci segue il tuo invito ad ascoltare gli Spell. Grazie

  • Giuseppe ha detto:

    grande Beppe, ho atteso qualche giorno l’uscita del disco per avere la possibilità di ascoltarlo con attenzione, prima di esprimere il mio parere e devo dire che sono ancora una volta piacevolmente sorpreso da Tobias Forge e sodali: diversissimo da Prequelle ma forse altrettanto bello ed inequivocabilmente Ghost! Al di là dell’eccellente produzione e del bellissimo artwork (magnifico il booklet associato al mio vinile!), la scrittura dei brani (non uno da scartare!) e il lavoro sulla voce (che ho trovato molto migliorata) sono di primissimo livello! Mi permetto di consigliare ai “vecchietti” come me di accostarsi a questo album senza preconcetti e sono certo che troveranno pane per le proprie orecchie! grazie Beppe!

    • Beppe Riva ha detto:

      Ciao Giuseppe, corretto “assimilare” l’album prima di intervenire e condivido pienamente l’invito ai “non più giovani” ad ascoltarlo senza pregiudizi. Inoltre l’artwork con booklet formato 12″ sono effettivamente spettacolari e costituiscono un valore aggiunto, specie per l’acquisto della versione in vinile, anche colorato (ciano e magenta i più reperibili). Grazie a te.

  • Paolo ha detto:

    Buongiorno Beppe, abbiamo già avuto occasione di discutere in questo blog sui Ghost e ci troviamo sulla stessa lunghezza d’onda (per il mio modesto parere sono una delle band più interessanti degli ultimi anni). Ho acquistato il cd ieri ed già in loop sul mio lettore. Ti giuro, ero pronto per criticarli. Ho pensato stavolta faranno un disco non all’altezza del precedente. Invece (per fortuna) altro grande lavoro! Io ci sento di tutto (Boston, Metallica, ELO, BOC, Bon Jovi e quelle improvvise sferzate prog che rendono tutto originale e riconducibile a loro). E vogliamo parlare di Twenties ? (West Side Story Metal) . Visto la brevità dell’album (non è una critica, va bene così) confido in qualche bonus track o cover spiazzanti come ci hanno abituato in passato. Tobias Forge è un maledettissimo genio! Farò il possibile per essere al forum il 5 maggio e magari salutarti di persona (ti seguo da Rockerilla).

    • Beppe Riva ha detto:

      Ciao Paolo, penso che tu abbia colto perfettamente nel segno,con punto di vista personale e non “di maniera” sul tema. Sottolinei anche un giustissimo aspetto. Al di là dell’immagine che si presta ad equivoci, chi ama l’hard’n’heavy anni 80 e precedenti (dal psyche-hard rock al prog) non può che ritrovarsi nei Ghost. Previo sforzo di “accettazione”. Grazie, se ci vedremo ti salutero’ volentieri.

  • Lorenzo ha detto:

    Ciao Beppe.
    Non ho ascoltato il disco, se non un singolo, quindi non ho argomenti per commentare il disco stesso.
    Devo dire di non essere un fan di questa band, come devo avere anche scritto nel commento al tuo pezzo precedente dedicato ai Ghost. Personalmente mi sono sforzato e mi sforzo di trovare qualche punto di interesse oltre i refrain potenti ed orecchiabili e agli arrangiamenti (che indubbiamente colpiscono) , ma al momento non ci sono riuscito. Nonostante ciò immagino che diano il meglio nelle performances dal vivo, infatti se capiterà li vedrò molto volentieri live.
    Detto questo, la mancanza di commenti sotto un articolo di Beppe Riva, la dice secondo me lunga rispetto a quanto poco fascino le band odierne esercitino sugli ascoltatori diciamo così più maturi, i quali verosimilmente sono la maggioranza a seguire questo blog.

    • Beppe Riva ha detto:

      Ciao Lorenzo, le tue considerazioni sugli ascolti diciamo così “generazionali” sono più che attendibili, ma i commenti sul precedente articolo dei Ghost erano stati sopra la media, se ben ricordo. Poi noi abbiamo il computo delle letture effettive, che sono numerose, fortunatamente…E’ vero che ci seguono soprattutto appassionati “maturi”, come noi, ma oltre a me altri esperti di vecchia data sono fans dei Ghost, che rinnovano stili retro’ con originalità, non riciclando pedissequamente. Li trovo largamente sopra la media. Tieni anche presente che l’album è uscito solo oggi e finora su YouTube si ascoltavano solo 2 brani nuovi ufficiali oltre a “Hunter’s Moon”. Ciò detto, è acclarato quanto sostieni, ovvero, scarso entusiasmo verso le nuove leve da parte degli ascoltatori di stampo “classico”. Il 5 maggio i Ghost saranno al Forum di Assago, e non vorrei perdermeli. Grazie

      • Luca ha detto:

        Ciao Lorenzo e Beppe,
        rispondo a entrambi pErchè la discussione è interessante. Sto ascoltando da giorni. Secondo me l’idea a cui è giunto Forge è quella dei suoi conterranei Night flight orchestra: rimescolare le carte. Loro fanno un Pomp-barocco fondendo Styx, ABBA, ELO, Deep purple e Survivor (anche i Tears for fears), lui va più sulla fusione di stili: usa ritornelli accattivanti figli sia della psichedelia ache del synthpop innestandoli sui suoni di Metal moderno, Pop attuale e AOR e Glam scandi ma la base è l’Hard epico e variegato degli Uriah heep, fin dal 2010. Per questo mischione si possonso sentire BOC, Judas priest King Diamond e Metallica con X variazioni.

        • Beppe Riva ha detto:

          Ciao Luca, riporto volentieri la tua personale ipotesi. Resta il fatto che Forge ed i suoi Ghost non sono prigionieri di gabbie musicali, riuscendo ad interpretare varie declinazioni stilistiche alla luce della propria originalità. E questo non è poco, anzi è genialoide, tanto più nei tempi che corrono. Ed il songwriting è sempre assolutamente all’altezza. Altro aspetto che si può definire “eccezionale” nel panorama odierno. Grazie

          • Lorenzo ha detto:

            Buongiorno Luca e Beppe.
            Torno volentieri sull’argomento. Premetto che se il prodotto discografico è di mio gradimento lo compro , poiché per me la musica deve avere un supporto fisico. Nel caso dei Ghost, sono una band che conosco poco, e ho approfittato del mio abbonamento a una piattaforma di streaming musicale per ascoltarmi con sufficiente attenzione l’ultimo disco Impera, di cui parliamo, nonché i due precedenti; nel caso in cui mi convincessi della bontà dei suddetti dischi, procederò all’acquisto.
            Questo per specificare quale dovrebbe essere, per me, il tipo di fruizione di queste piattaforme.
            Venendo ai Ghost, l’ultimo disco è indubbiamente ben fatto, con pezzi veramente belli, e con un enorme pregio che Beppe Riva ha sottolineato, vale a dire una durata ottantiana, circa 45 minuti. Gli arrangiamenti sono suggestivi anche per le parti vocali, e le influenze decisamente varie, come è stato evidenziato nei commenti. Rispetto ai due precedenti, che ho trovato un po’ più gotici (per semplificare), ho notato una maggiore propensione verso l’hard rock americano anni 80, fino a lambire più volte l’AOR. La ricerca del refrain accattivante non disturba, anzi è un valore aggiunto.
            Le critiche che mi sento di muovere, sono in riferimento ad una produzione ottima, ma forse un po’ troppo artificiosa (ma questo è un grande problema attuale di tantissime proposte metal, non solo dei Ghost), e ad una immagine fuorviante rispetto alla musica effettivamente proposta (ammesso che questo si possa definire critica, probabilmente tutto ciò è voluto).
            Quindi un ottimo prodotto, sia questo che Prequelle e Meliora, mentre i primi due non li ho ascoltati.
            Mi rimane qualche dubbio sulla effettiva longevità della proposta, ma l’impressione è che ci siano ulteriori margini di miglioramento.

          • Beppe Riva ha detto:

            Ok Lorenzo, non aggiungo altro perché finirei per ripetermi. Un plauso alla volontà di acquistare il supporto fonografico, per noi della vecchia guardia lo streaming può essere utile, ma anche in questo caso, la copertina illustrata (ad esempio) è una meraviglia. Grazie e ciao.

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