Dove si ricorda uno dei dischi più venduti di tutti i tempi, si discute della sua celebrazione, si riflette sulla più che discutibile operazione di Roger Waters, si evocano i ricordi di quel 1973.
E’ possibile a distanza di 50 anni dalla sua uscita dire qualcosa di nuovo su un disco che tutti, anche quelli che non sono reali appassionati di musica popolare, conoscono perfettamente ? Credo sinceramente di no. Però è forse probabile aggiungere qualche elemento di riflessione osservando il fenomeno e la sua evoluzione. Magari anche alimentando qualche polemica.
Il 1973 fu un anno particolare per il giovin Giancarlo. La consapevolezza che la Musica sarebbe stata parte fondamentale nella propria vita, la scelta di dedicare qualsiasi budget reperito in qualsiasi modo all’acquisto della medesima, il progressivo smantellamento della libreria di camera per destinarlo a discoteca erano dati assodati da almeno cinque anni. L’unico reale problema era riuscire ad assicurarsi tutta quella meraviglia che era stata prodotta negli ultimi anni e la certezza che sarebbe stato impossibile, alla mia età e con il denaro a disposizione, portarsi tutto a casa.
In quegli anni registrare i 33 su cassette da 60 o 90 minuti era l’unico modo per non restare troppo indietro; lo scambio di materiale con amici fidati… i vinili si rovinavano facilmente purtroppo… qualche trucchetto tipo prendere un disco dal rivenditore di fiducia, registrarlo al volo e restituirlo sostenendo che “non fosse quello che mi aspettavo” erano i metodi più pratici per restare a galla. Ed è corretto specificare che la musica pop in quel tempo era moltissima e quasi tutta di grande livello. Mica le puttanate che ci spacciano per musica “dei tempi attuali” che ci vomitano addosso oggigiorno !
Quando uscì The Dark Side of the Moon era il marzo del 1973, lo ricordo perfettamente per mille motivi. Intanto me ne stavo in collegio, relegato lontano da casa, per esser stato troppo…sbarazzino …al liceo classico. Non mi addentro in ricordi che vorrei sinceramente dimenticare, ma tra il ’70 e il ’77 trovarsi all’ ultimo anno di liceo o in università era un elemento di rischio…per chi non sapeva tenersi lontano dai casini. Ed io me li cercavo tutti…
Così, per recuperare un anno perso ANCHE per una quantità di assenze da record, accettai di chiudermi in collegio per dimostrare che…in fondo non ero poi così stronzo. Probabilmente lo ero.
In quegli anni ascoltare rock and roll era elemento comune, seppur distintivo. E al chiuso della camerata di sei loschi individui, ascoltare cassettine su un immondo registratore con un solo minuscolo altoparlante era il massimo che ci potessimo permettere.
Darsi ai mille lavoretti estivi significava mettere un po’ di fieno in cascina per l’inverno e contare un budget arricchito per le proprie passioni alimentate da una “paghetta” di 2500 lire a settimana che o non permetteva o lasciava un nulla in tasca in caso di acquisto di album di stampa nazionale. Scordarsi gli import : quelli andavano tutti sopra le 3500 lire.
Nel marzo del 1973 uscirono a distanza di pochi giorni sia Houses of the Holy degli adorati Zeppelin che The Dark Side of the Moon degli amati, non adorati, Pink Floyd. In quei giorni era uscito pure For Your Pleasure , secondo dei Roxy Music che erano stati una luminosa scoperta grazie a quell’incredibile singolo Virginia Plain… ce n’erano altri, ce n’erano quasi tutti i giorni, ma per un recluso quelli erano tre problemi da risolvere immediatamente.
Ricordo che presi gli Zeppelin per prima cosa. E un ascolto estremamente superficiale mi impedì di apprezzarlo subito e a fondo… venivo a casa una volta ogni due settimane. Subito dopo i Roxy. Mi piacque molto di più il primo, ma c’erano belle cose lì dentro.
Poi fu la volta di Dark Side. Nella città dove stavo in collegio, La Spezia, c’era un negozio in una via centrale. Era un punto focale per alcuni di noi che si fermavano a sbavare davanti alle vetrinette. Per andarci ricordo che dovevo passare davanti al mercato, mi pare Via Cavour, e facevo il giro delle cabine telefoniche dove alcuni scriteriati liguri, dimentichi dei loro modi parchi, talvolta dimenticavano spiccioli nella cassettina. Valevano oro, per me.
L’approccio con quello che sarebbe divenuto uno dei dischi più venduti nel Pianeta venne viziato dal martellamento radiofonico di Money : odiavo quel sax e quel giro di basso che pareva attrarre tutti quelli che a Meddle o Atom Heart Mother non si erano neppure avvvicinati. Ricordo che ci volle un notevole impegno a far finta di ricordare che tutte le ragazzine volevano ballare (…una abitudine che odio profondamente da sempre, il ballo) al suono di Money. Ci volle molto a digerire la estrema diffusione di quella musica. Sopra ogni cosa ci volle abbastanza per apprezzarne contenuti.
Anni dopo, spogliato da prevenzioni e sicuramente dotato di maggior gusto, iniziai ad apprenderne i gioielli nascosti; sicuramente le cose che erano meno emerse dalla popolarità di quel disco.
Che The Dark Side of The Moon sia stato un punto focale per la musica cosiddetta progressiva, certamente e decisamente più accessibile di quanto fosse stato quel Close to the Edge degli Yes che lo aveva preceduto di poco, è superfluo sottolinearlo. Lunghissime suite nel disco degli Yes, sezioni perfettamente in grado di vivere di vita propria nel disco dei Floyd.
Giusto per i distratti, per quelli che non hanno voglia di fare ricerca su Google, ricorderò che l’intera opera, sostanzialmente una sorta di concept album come andavano di moda al tempo, era già stata anticipata per intero, in sequenza, dal vivo, mesi prima modificandone soltanto il nome in Eclipse dato che esisteva già un disco con il medesimo nome in circolazione. Uno di quel genere di esibizioni integrali, che i Pink Floyd avrebbero poi ciclicamente ripreso negli anni, come nel tour di Pulse.
La vicenda del Lato Oscuro della Luna nasce dalla volontà di esplicitare i propri testi che in passato erano sempre stati di difficile interpretazione; pare che sia attribuibile a Waters la scelta di renderli più concreti, di affrontare temi più direttamente sociali, come d’altra parte la lezione americana aveva abbondantemente indicato. In questo i Floyd erano in ritardo.
Credo che una delle cose più interessanti e affascinanti di quel disco sia l’uso di voci e commenti apparentemente casuali che farciscono soprattutto i collegamenti tra un brano e l’altro; esistono interi forum di chi ha passato ore a vivisezionare certe frasi e anni a recuperarne la nascita, il significato e l’esecutore. Se avete curiosità e voglia di scoprire nuovi elementi di ascolto, datevi da fare : c’è un intero web da esplorare, in questo caso.
In realtà la bellezza di questo album, la cui copertina pare essere particolarmente apprezzata ma che io reputo ancor oggi di una sconcertante banalità, sta nell’immenso lavoro di Gilmour e Wright nel riuscire a scovare nuove tecniche e suoni per rendere senza confine la musica attorno alle parole.
E qui devo dare una mia personale, ma non tanto, visione polemica : non sopporto Roger Waters. Non si tratta di una antipatia a pelle ma del risultato di un accumulo di informazioni e conoscenza che me lo hanno reso insopportabile. Non si tratta “solo” della sua volontà di farci vivere il suo dolore per la morte ad Anzio, nello sbarco americano in guerra, del padre; una vicenda personale che non avrebbe dovuto diventare un cancro che ha ammorbato il resto del gruppo e l’appassionato… trovo The Final Cut, un capolavoro di angoscia e distacco… ma lo reputo un individuo ignobile, la perfetta rappresentazione di un esempio lapidare di traditore.
Roger Waters ha tradito tutte le persone che avrebbe potuto tradire nella sua vita artistica : ha tradito Syd Barrett, sostituendolo con David Gilmour ancor prima dell’allontanamento dal gruppo. Salvo poi pentirsene e dedicargli parte della sua produzione, come a espiare un atto vergognoso.
Roger Waters ha tradito Clare Torry, la corista cui venne chiesto di “improvvisare” senza un testo sulla linea melodica creata alle tastiere da Wright e che, lasciata esattamente com’era, divenne quella The Great Gig in the Sky che tutti conoscono. La Torry venne pagata 30 sterline e mai accreditata per trent’anni per aver creato, lei e dal nulla, un brano indimenticabile. Ci volle una causa per renderle il dovuto nel 2004… e pensare che lei, all’inizio, era onorata di esser stata la donna che aveva un intero brano in un disco dei Pink Floyd…
Roger Waters ha tradito i suoi compagni. Iniziando da Wright e Mason, descritti come “scarsi” tecnicamente e istigando Gilmour ad abbandonarli, sostituirli e tenere per sé il nome del gruppo. Davanti, poi , al rifiuto di Gilmour, Waters fece causa ai tre per aver utilizzato il nome Pink Floyd dopo che Gilmour, che al contrario resta un gran signore, aveva scelto di fare di A Momentary Lapse of Reason un disco del gruppo invece di un suo album solo com’era nelle intenzioni, includendo Mason e Wright prima della sua morte.
Roger Waters è un musicista che nulla ha più da dire di valore artistico e che campa con ripetuti tour di The Wall che ha proposto in tutte le salse; quel The Wall le cui vette artistiche sono … due canzoni di Gilmour… ed il Karma colpisce Waters ogni volta che è costretto a chiedere ai suoi musicisti di riprodurre, nota per nota, i solo di Gilmour dal vivo.
I Pink Floyd non erano Roger Waters, come lui crede : erano un gruppo che senza l’apporto di Gilmour e Wright non sarebbe mai e poi mai divenuto quello che era. Che qualcuno glielo spieghi.
E glielo spieghi proprio di questi tempi, nel cinquantesimo anniversario di quel disco, un pezzo di storia della musica popolare che ci è stato già proposto in fin troppe versioni : l’originale del 1973, una rimasterizzata del 1994, una versione in Super Audio del 2003, una in “full immersion” del 2003 con tre cd, due dvd, un blue ray, una versione dal vivo a Wembley finalmente in cd singolo… ce n’è per soddisfare qualsiasi investimento del proprio denaro.
E cosa fa, oggi il nostro ineffabile Waters ? Gode delle percentuali di quel disco che ha reso lui e le sue dieci generazioni a venire incredibilmente ricche ? No. Inebriato dal suo stesso ego decide di violare la memoria di un’opera irripetibile producendone una versione “redux” dove lui rivisita il non rivisitabile credendo per questo di far urlare alla sua genialità.
The Dark Side of the Moon è figlio di un’era lontana, di musicisti anziani, al vertice, forse, della propria vita artistica, aiutati da elementi chimici che oggi li renderebbero stonati, sull’onda di una creatività e desiderio di sperimentazione che non esiste più da molti anni e che non vedremo ritornare.
Credere di poterne dare una diversa, oscura, chiusa e priva di sbocchi, interpretazione è non solo folle, ma presuntuoso. Il disco di waters (volutamente minuscolo) è l’opera di un uomo piccolo che crede di poter andare oltre sé stesso, cadendo inevitabilmente nel ridicolo.
E mentre waters omaggia il suo ego, questa estate siamo stati circondati da cover bands che ci hanno riproposto quel Lato Oscuro in tutte le salse. Gruppi che avrebbero ben fatto a restare a casa a guardare un dvd di Pulse, altri che invece hanno messo su un impianto dal vivo rispettoso (con le dovute proporzioni) dell’icona che stavano riproducendo. Ne conosco uno di gruppi del genere, i Floydiana, che sono bravi esecutori, ne ho visto…pagando fin troppo… uno a nome Pink Floyd Legend che hanno tecnica e coraggio nel riprodurre perfettamente le note di brani conosciuti a memoria. Una parte orchestrale ha reso omaggio anche a Atom Heart Mother, preceduta su di uno schermo da una intervista a Ron Geesin che spiegava la genesi di quella lunga suite… una intervista che deve essere sfuggita al Waters chetuttoavocaasé…
Ed il vostro sottoscritto, che ha visto i Floyd dal tour di Animals in poi, per cinque volte, si è seduto davanti a un ottimo gruppo di riproduttori di musiche altrui che non hanno deviato di una virgola dalle note originali, come se l’averlo fatto avrebbe potuto sembrare un oltraggio.
E mentre ero lì mi domandavo se la musica su supporto… compact o vinile… non sia oramai solo una “cosa per vecchi” e se con la inevitabile, sempre più frequente scomparsa dei nostri miti, non ci ridurremo a battere le manine al tempo di onesti, sinceri e bravi rievocatori di note altrui.
Moriremo ostaggi delle cover bands ? Continueremo a comprare quattro, dieci versioni di lusso dei medesimi dischi con cui siamo diventati adulti ? Non lo so. So soltanto che quei decenni irripetibili moriranno con noi per il mercato : ai ragazzi di oggi bastano Young Signorino, i Maneskin e la musica liquida per eccitarsi.
Come già altri h anno commentato sono pienamente d’accordo su tutto quello che hai scritto Roger Water e vittima di se stesso, oltre al tentativo di distruggere i Pink Floyd, sta distruggendo se stesso il suo ego la sua arroganza l lo stanno allontanando dalla realtà lo dimostra questo orribile album dove anziché cantare sembra un lamento sussurrato .
Non avevo intenzione di uccidere un musicista morto 🤣 ma grazie per l’aiuto Nicola..
Il disco mi piace molto, non è un capolavoro, ma è una ” furbata” fatta al momento negli anni giusti. Oggi i Pink li trovo molto datati, opinione personale, e li ascolto il meno possibile , ma questo album è più digeribile. I cloni musicali esistono perché la realtà musicale odierna è veramente piatta e tutti vorremmo risentire i nostri eroi musicali che oramai sono vetusti o trapassati. Noi non ci rassegniamo e ci accontentiamo delle copie pur di sognare ancora.
Nostalgia e romanticismo di esseri umani.
Bello scritto, non hai perso il tocco!!😆😆😆
Beh…Francesco, quando un disco arriva ai 50 anni e non li dimostra direi che ci sia qualcosa di più della semplice furbizia. Sono quelle alchimie che funzionano sia per i palati delicati che per gli appassionati. E Dark, onestamente, ha momenti di grande lirismo. Nonostante waters 😉 :D. Grazie
Mi sento di condividere in toto la tua analisi, salvo forse la critica su Money anche se … sicuramente il passo più popolare è stato ben calcolato.
Concordo soprattutto comunque sul giudizio su Waters.
Prima di tutto perchè, anche per me … a pelle …. Waters mi ha sempre dato una sensazione di repellenza come persona … proprio al ivello antropomorfo-lombrosiano ….. mentre sin da giovine, anche fisicamente Gilmour, Wright e Mason mi ispiravano “good vibrations”, cioè personaggi che potevano far attraversare e toccare la nostra anima con le loro parti ed il loro colelttivo.
Non nego che musicalmente Waters abbi (avuto?) numeri notevoli come compositore e strumentista …. ma la ciccia dei floyd era negli altri per me.
Concordo infine su questa ossessività esasperata ed autoconsumante rispetto alla perdita del Padre etc … che fu la tematica di Final Cut.
Non che non sia una cosa giusta e degna di essere espressa e portata nell’espressione della propria arte ….. e della propria anima … ma qua siamo oramai a livello patologico.
Patologia che peraltro NON troviamo in altri autori che hanno ossessionatamente anche’essi narrato cose importanti, illusioni o altro della propria vita, come Pete Townshend che non ha mai raggiunto i livelli di Waters e manco la sua monotonocità musicale.
Francamente dopo The Wall quasi tutto di Waters è un rifare e riciclare quello … e senza quella ciccia strumentale che gli altri tre sapevano donare e che era già stata castrata in maniera arrogante ed autocratica con The Final Cut.
… anche se … secondo me si deve ammettere che ai Floyd senza Waters …. sembra mancare … quasi specularmente … un tocco di densità …
My2Cents Opinion anyway
Sai Fabio, ho così sulle palle waters che non mi rendo conto della sua mancanza. Avendo avuto la fortuna di vedere i Floyd con e senza di lui, dal vivo non ho proprio notato la differenza. Anzi… e comunque certa amalgama si raggiunge con l’apporto di tutti, è un gioco di squadra. Ma la vecchiaia mescolata a una perfidia notevole, dà certi risultati.
Amen, Maestro. Amen
Sia fatta la volontà di Gilmour 😄
Bellissima la stroncatura di Waters, non cambierei nessuna parola e virgola. Finalmente !!! Money insopportabile, a me non piace neanche the great gig.. ma il resto è sublime. Non dimentichiamo il lavoro di Alan Parsons come tecnico del suono. Però toglimi la curiosità più grande: come diavolo facevi a comprare e restituire un vinile dopo essertelo registrato ? A me ne facevano piuttosto ascoltare una porzione perché fossi convinto dell’acquisto. Dovevo cambiare spacciatore, dannazione !!
Luca, se avevi un amico che lavorava in quel negozio ed eri un vero benefattore… l’attico se l’è comprato con il mio contributo, era facile… 🙂
Ciao Giancarlo, The Dark…fu il terzo “ellepi” dei Pink Floyd che acquistai. In notevole ritardo per una mera questione anagrafica. Infatti lo presi dopo The Wall , che mi ricordo pagai 14.000 lire , e Wish You Were Here. Avevo 13 anni e rimasi comunque folgorato da quest’album. Affascinato anche dai poster trovati all’interno della copertina. Poi a ritroso li acquistai tutti. Anche se in ritardo sui tempi vissi comunque a modo mio l’epopea floydiana.
Gaetano…l’importante è arrivare. Prima o poi… 🙂
Lo sai? (Nemmeno) io sono mai riuscito ad apprezzare in toto questo disco che, se penso ai dischi loro che io amo di più (dall’irripetibile Piper, a Meddle e soprattutto Atom, fino a quel disco folle che è Ummagumma), per me ha più un valore storico (sotto vari aspetti) che musicale. Mi piace, ma ti confesso che a casa non l’ho (e manco The Wall, guarda caso…) e francamente non ne sento la mancanza. Mentre ho tutto il resto della produzione precedente (compreso Wish, che per me, della “Sacra Triade” Dark-Wish-Wall resta il più bello, almeno due spanne sopra gli altri due).
Mi trovo molto d’accordo con la tua analisi/”polemica”. Mai digerito Waters, nonostante credo che abbia anche lui qualche merito. La maggior parte della mia antipatia è, devo dire, legata alla storia che lo lega a Syd, artista che io ho adorato anche nella sua brevissima produzione (frammentaria quanto si vuole, ma sincera). E nessuno mi toglie dalla testa che parte delle idee di certi pezzi le ha mutuate da pezzi come Long Gone o Dark Globe.
Ammetto che, specialmente nel primo periodo in cui l’ho conosciuta, anche a me Money è stata sul cazzo per anni salvo poi riappacificarmicci ma senza mai pensare che sia un capolavoro; i capolavori dei Floyd sono altri, e non posso dire che siano contenuti su Dark Side (sebbene ci siano alcuni bei pezzi, senza dubbio).
L’unica cosa su cui (con umiltà) dissento, rispetto a tutto il resto, è sulla copertina 😃
Non la reputo incredibile, ma quel prisma su fondo nero un certo effetto me lo ha sempre fatto. Ma per me, se devo pensare a dischi con copertine capolavoro… francamente non penso mai ai Pink Floyd (anche se Atom è forse quella che mi piace di più, assieme a quella psichedelica di Piper). Ecco, già Houses Of The Holy, oltre ad essere un disco IMMENSO (credo anche il mio preferito), ha un capolavoro di copertina, visto che parliamo di dischi usciti quasi nello stesso momento.
Grazie sempre, caro amico. È sempre una boccata d’aria, leggere te e Beppe
Grazie…
Quanto al valore di Dark posso solo dire che ha momenti luminosi e altri, money, sopportabili. Ma nel complesso resta opera di gran valore. Time e la sequenza finale sono le mie preferite.
Buongiorno Giancarlo.
Siamo già ostaggio delle cover band.
Che siano giovani musicisti incapaci di dire la loro nonostante un evidente talento, o vecchi reduci come Waters che nel 2023 non trova di meglio che rifare DSOTM (quello che personalmente penso di un individuo come Roger Waters lo hai già scritto tu sopra, non trovo altro da aggiungere).
Alla prima categoria appartiene di diritto una band chiamata Crown Lands, più volte citata nei commenti a corredo dell’articolo di Beppe Riva dedicato ai Greta Van Fleet; due strumentisti clamorosi che rifanno i Rush nota per nota, con sufficiente perizia da non pagare i diritti ai Rush stessi.
Invero si potrebbe aggiungere una terza categoria, cioè quella delle band di incapaci che copiano in maniera pedestre qualche band a caso degli anni 7 , magari prima metà 80. Purtroppo questi ultimi temo siano la maggioranza.
Moriremo di cover dunque ? Quanto ai Greta, nominati ad libitum, personalmente non ci sento, se non in alcuni estratti strumentali… estratti… gli Zeppelin. Il solo accostarne il nome mi fa rabbrividire… 🙂 e nel cantante sento le medesime tonalità di Geddy Lee, quasi speculari. Non certo la voce più calda di Plant. Pareri.