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C'era una volta HARD & HEAVYTimeless : i classici

Queensrÿche: “Operation: Mindcrime” ed “Empire”, restyling Super DeLuxe

Di 25 Giugno 2021Giugno 30th, 202148 Commenti

L'alba di un Impero

Vivide memorie del passato…Ricordo quando si decise la copertina del numero sperimentale di Hard’N’Heavy, supplemento a Rockerilla che nel gennaio 1985 avrebbe di fatto inaugurato l’epoca delle riviste interamente consacrate al Metal in Italia. La scelta della copertina fu presto fatta: PG Brunelli ci aveva proposto un’iconica foto che ritraeva Ronnie James Dio nel suo tipico gesto delle “corna”, indirizzato ad una raffigurazione del diavolo.
Invece, mentre ambivamo al progetto di Hard’N’Heavy come periodico trimestrale, per il vero e proprio “Numero Uno” (novembre 1986), l’istinto, la voglia di offrire il nostro tributo al gruppo più meritevole del momento, ha legittimamente preso il sopravvento. Sarebbe stato facile iniziare la serie della nuova rivista con una copertina che immortalava i Judas Priest, Ozzy Osbourne o gli Iron Maiden: avremmo verosimilmente catturato un pubblico più vasto, ma con una mossa un po’ speculativa. Allora, la dimensione di Rockerilla e del suo Baby metallico era quella di puntare sugli “artisti emergenti”, di cui tanto ci piaceva perorare la causa (avevamo iniziato proprio con i Maiden nel 1980, prima copertina italiana in assoluto).
Queensrÿche non erano certo degli sconosciuti; reduci dal secondo, impressionante album “Rage For Order”, realizzato nel giugno dello stesso ’86, già venivano considerati come la più avanzata fra le band in ascesa. Avrebbero costituito l’ideale biglietto da visita per Hard’N’Heavy e la storia ci darà ragione, tanto più nel nostro paese dove riscossero (vedremo come…) un consenso clamoroso. Gli ’80 sono stati gli anni di MTV e del trionfo dell’immagine, che ha portato anche all’ostentata vistosità dell’hair metal; gli stessi Queensrÿche non ne sono stati immuni, basti pensare alla sessione fotografica di “Rage”, dove i cinque indossavano costumi appariscenti su una sontuosa scalinata. Oltre il senso della misura, indubbiamente, ma nessuno si azzardava a liquidare come poser artisti dagli orizzonti musicali lontani dagli stereotipi.
La genesi del gruppo avviene a Bellevue, affacciata sul lago Washington che la separa dal centro di Seattle, futura “culla” del grunge. Nel 1981 però siamo ben lontani da quella rifondazione rock; il centro focale del Nord-Ovest americano vanta il precedente più che illustre delle Heart, madrine di quella scena destinate ad un gran rilancio verso la metà egli anni ’80, ed in quei tempi vi si affermano unità metalliche a nome Metal Church, Q5, Heir Apparent, Fifth Angel, destinate all’ammirazione degli appassionati, ma non a soffrire di vertigini in classifica.
I chitarristi Chris DeGarmo e Michael Wilton suonavano con il bassista Eddie Jackson ed il drummer Scott Rockenfield in una bar band, The Mob, che attingeva dal repertorio dei classici heavy; scelta poco convincente per Geoff Tate, cantante nato “per caso” a Stoccarda che si esibiva nei Myth. Il dilemma veniva risolto quando il quintetto decideva di registrare un demo di quattro brani originali, nell’estate ’82. Kim e Diana Harris, proprietari del negozio di dischi (Easy Street) dove i musicisti si erano incontrati, si incaricano degli oneri manageriali, negoziando un contratto per la EMI America, mentre le citate registrazioni irrompono sul mercato sotto forma del primo EP 12” omonimo (206 Records, 1983).
Il gruppo si è nel frattempo ribattezzato Queensrÿche, nome inconfondibile modificato dal titolo del primo cavallo di battaglia, che poteva suggerire interpretazioni fuorvianti: “Queen Of The Reich” dimostrava a che livello avessero assimilato la lezione delle potenze britanniche, dai Judas Priest agli Iron Maiden, con l’impareggiabile Geoff Tate armato per reggere qualsiasi duello vocale. Nulla mancava a questo mega-classico per risultare il lessico di strategie metalliche più eloquenti dell’anno. Non a caso, l’egemone rivista inglese Kerrang! si espose al punto di proclamare QOTR: “forse il più grande singolo di sempre”, sentenza emessa dall’accreditato esperto Paul Suter. Innalzato da tanto clamore, il disco che include anche l’epico dark di “The Lady Wore Black” esaurisce in fretta le prime 10.000 copie di tiratura e viene subito ristampato dalla EMI, raggiungendo le 165.000 copie vendute, in seguito al loro primo tour americano con Ronnie Dio e Twisted Sister.
Mavis Brodey, la manager che li ha scritturati per la EMI grazie alla mediazione degli Harris, punta moltissimo sui Rÿche, che infatti volano a Londra dove incideranno il primo album ufficiale, “The Warning” (1984) con la regia di James Guthrie, storico produttore di “The Wall” dei Pink Floyd e di loro successivi remasters. Con minor risalto, Guthrie si era anche occupato di un classico anni ’70 dei Judas Priest, “Killing Machine”. Nel caso di “The Warning”, gli viene imputato un suono meno esplosivo rispetto alle attese; il missaggio finale di Val Garay non è prettamente metal, ma l’opera decreta quell’identità progressiva che farà la fortuna del gruppo, riflettendo le sue ambizioni di andar oltre il “già sentito”.

Secondo Tate: “la ricerca del suono sicuro e vincente appiattisce la qualità. Non si può esser orgogliosi di ciò come musicisti. Noi non ci sacrificheremo mai!”. DeGarmo rincara la dose: “Il nostro stile è decisamente melodico pur non rientrando nei canoni dell’airplay di maggior successo sulle radio FM americane. Ma se hanno garantito notevole rotazione a “Queen Of The Reich”, significa che c’è spazio per musica nient’affatto commerciale.”
I portavoce del quintetto pongono dunque l’accento sulla loro funzione “sperimentale”, allo scopo di creare liberamente ma con uno spirito di ribellione. Si riflette anche in un futuro interpretato in chiave pessimistica, se è vero che sul potere totalitario che controlla le menti, rappresentato in “The Warning”, sembra aleggiare il fantasma del profetico romanzo “1984” di George Orwell, già divulgato alle masse rock da Bowie.
Ogni sonorità dell’album è oggetto di cura rigorosa, e la produzione è altamente sofisticata, basti pensare ai sommessi interventi orchestrali diretti da Michael Kamen, calati con discrezione fra i passaggi di “Deliverance”, “Take Hold The Flame” e più esplicitamente nel tormentoso calvario finale di “Road To Madness”.
I susseguenti tour in Europa, ancora “con Dio(!)” ed in America a fronteggiare il pubblico dei Kiss, fanno levitare le quotazioni dei Queensrÿche come futuristica force majeure.
L’incedere regale e solenne della loro musica, ammantata di una tecnologia sempre più raffinata, ascende ad un nuovo zenit in “Rage For Order”, probabilmente il più importante e avveniristico album metal del 1986, prodotto da Neil Kernon che già si era distinto per il suo impeccabile lavoro con Dokken ed Autograph. Chris DeGarmo si è detto entusiasta a riguardo: “Abbiamo visto all’opera Kernon con i Dokken, ci siamo convinti che sarebbe stato il produttore ideale per mettere in risalto la nostra musica. Dispone di una fantasia incredibile e la sala d’incisione non ha segreti per lui. Gli va attribuito il merito di aver introdotto con giusto equilibrio le tastiere nella registrazione di “Rage For Order”, alternandosi con Geoff nel suonarle.”
Questi perfezionisti del metallo “pensante” hanno avuto a disposizione circa un anno e mezzo per elaborare il secondo album, tempistica concessa dalla casa discografica convinta dal loro approccio creativo, superiore alle troppe banalità in circolazione. Concettualmente, l’album è stato ideato come un potente affresco musicale; i ‘Rÿche hanno cercato di restituire fedelmente con i suoni, l’atmosfera e lo spirito suggeriti dal fascino intellettuale dei testi, di non facile lettura. Nell’appassionata tensione descrittiva di “Rage For Order”, che insiste nell’ardimentoso processo evolutivo di “The Warning”, i supersonici di Seattle si affermano nella seconda metà degli anni ’80 come gli ideali prosecutori della “profezia” dell’hard rock progressivo incarnata, dieci anni prima, dai Rush e dai Blue Öyster Cult. Conquista il loro reinventare andamenti rock neo-imperiali come l’altezzoso look sfoggiato in copertina, nella suggestione gotica degli effetti corali di “I Dream In Infra-red” e “London”, oppure scoprendo soluzioni inedite nelle affilate sarabande chitarristiche di “Neue Regel” e “The Whisper”.
Stupefacente anche l’avvicinamento ai suoni sintetici e all’AOR tecnologico in “Gonna Get Close To You”, elaborata dalla maliosa cantautrice canadese Lisa Dalbello che l’aveva incisa due anni prima, con la produzione dell’ex-Bowie, Mick Ronson.
Per la conquista dell’America c’è ancora da attendere, nonostante l’esposizione in tour, da supporto a Bon Jovi ed Ozzy: il successo risulta moderato, “Rage” avanza in classifica negli States entrando nella Top 50 di Billboard ed è certificato disco d’oro come il precedente.

Queensrÿche 1984

Queensrÿche 1986

Hard’N’Heavy N. 1: Queensrÿche cover

Lisa Dalbello: Autrice di “Gonna Get Close To You”

"Operation: Mindcrime": Il richiamo della rivoluzione metal

Ma non basta agli “architetti del techno-metal”, forse gli unici, fra i gruppi heavy scritturati da una grande etichetta, ad insistere in una ricerca innovativa; due anni dopo, la superlativa prova di “Operation: Mindcrime” (aprile 1988) spinge parte della critica ed un pubblico particolarmente devoto ad acclamarli come la principale rivelazione del decennio! Nonostante le lodi ricevute, Kernon viene sorprendentemente sostituito in sede di produzione da Peter Collins (forse individuato per i trascorsi con i prestigiosi Rush).
Più che mai ambiziosa la scelta di realizzare un concept-album; per descriverlo vengono chiamati in causa “monumenti” del passato. Inevitabile il riferimento ai Pink Floyd di “The Wall”, per gli analoghi precedenti con Guthrie, meno ovvio quello con The Who; ma il protagonista della storia di “Mindcrime”, Nikki, può forse esser accostato al caso di profondo disagio giovanile rappresentato da Jimmy, il mod dell’opera rock “Quadrophenia”. Certamente la vicenda dell’eroinomane Nikki é molto più cruda e violenta; sottomesso ad un sinistro Mr. X, leader di un gruppo d’insurrezione criminale che manipola le menti dei suoi seguaci, il giovane pare redimersi incontrando Mary, una religiosa dal passato equivoco che Nikki rifiuta di uccidere come gli viene ordinato. Lei troverà comunque la morte e la scoperta del suo cadavere lo sprofonda in una crisi psicotica. Si ridesta in ospedale dove la sua memoria tornerà a ricostruire la tragedia vissuta.
Il capolavoro di quasi 11 minuti che la racconta, “Suite Sister Mary”, è probabilmente l’apice assoluto della produzione dei ‘Rÿche; introdotta dall’atmosfera spettrale impartita dagli arpeggi acustici, la voce di Tate si cala in un’inedita dimensione recitativa/teatrale, ben assistito da Pamela Moore, nella parte della “Sorella” Mary. Squarci di canti gregoriani che fendono la tenebrosa cortina del suono anticipano al meglio il filone “gotico” dell’heavy metal, che si propagherà negli anni ’90, ma senza rinunciare agli spettacolari crescendo del cantante e alle chitarre rimbombanti dell’epoca.

Dall’iniziale “I Remember Now”, che accompagna il risveglio di Nikki, alla desolante “My Empty Room”, sono numerosi i brevi interludi cantati o strumentali che fanno da trait d’union fra i pezzi principali della narrazione. Particolarmente avventurosi appaiono “The Mission”, e seppur relegato in chiusura, il primo singolo dell’album “Eyes Of A Stranger”; entrambi godono di un imponente arrangiamento orchestrale diretto da Michael Kamen, compositore di colonne sonore – Robin Hood, Arma Letale etc.- già illuminante in “The Warning” ed ancor prima con divi del rock (dai Queen ai Floyd); la sua opera conferisce il peculiare tocco “cinematico” alle composizioni. Superfluo ribadire il talento sempre svettante di Geoff Tate, a cui va anche il merito di aver immaginato il concept durante un soggiorno a Montreal, quando entrò in contatto con esponenti di un movimento separatista armato del Quebec. L’alternanza di ambientazioni minacciose (la title-track) e lugubri (il secondo singolo “I Don’t Believe In Love”) concorrono quanto i brani d’indiscusso impatto heavy, da “Spreading The Disease” a “The Needle Lies”, alla complessità strutturale del disco. E’ dimostrazione di come i Queensrÿche abbiano aperto la strada alle evoluzioni, talvolta ridondanti di tecnicismo, dei Dream Theater di “Images And Words” (1992), destinati alla loro successione sul trono del progressive-metal.
Il successo in U.S.A. non è sbalorditivo ma in costante crescita; tre anni dopo la sua pubblicazione “Operation: Mindcrime” conseguirà il disco di platino, con oltre un milione di copie vendute.

Queensrÿche 1988

Recensione da Metal Shock n.24-Giugno 1988 (segue)

"Empire" strikes back!

Mentre latitano nuove, plausibili avanguardie metal, risuona la campana che saluta il 1990 agli albori del nuovo decennio. La svolta epocale del grunge, che avverrà proprio a Seattle, dove regnano i Queensrÿche, è ancora lungi dall’avverarsi; infatti il rivoluzionario “Nevermind” dei Nirvana annuncerà l’autunno 1991 e soprattutto, tempi duri per le milizie hard’n’heavy, destinate a battere in ritirata di fronte agli insospettabili padroni delle future classifiche.
Ignaro della bufera che si scatenerà in zona, il quintetto presieduto dai master-mind(crime) Tate e DeGarmo, punta a nuovi traguardi, e li conseguirà con il suo album più maturo e vincente, “Empire” (agosto 1990).
Entrambi i musicisti convengono che un nuovo immaginario a tema unico e relativi tortuosi percorsi di critica sociale (su cui insistono, ma in vicende differenti) avrebbero rischiato di tradursi in un passo falso, ma non rinunciano alle preziose collaborazioni di Peter Collins e Michael Kamen; anche in virtù della loro conferma, l’“Impero” colpisce ancora!
Sfoggia subito la miglior produzione possibile in “Best I Can”, dove chitarra e tastiera agiscono in magistrale sincronia con il basso che pulsa in primo piano, più hard rock che metal, dal taglio particolarmente elegante e con la voce stellare di Tate che incalza con il suo timbro maestoso. “Another Rainy Night” è un altro elevato esempio di classe rock, in perfetto equilibrio fra cadenzata melodia e riff d’impatto, ed il refrain è ancora una volta eccezionale.

Pressoché impossibile ravvisare stelle cadenti nella successione dei brani, ci imbattiamo piuttosto in sonorità dalla purezza cristallina che riescono ancora a sorprenderci, ad esempio nella punteggiatura ritmica inusitata e nell’assolo di chitarra che avvicinano i Rush più moderni in “Della Brown”, drammatica storia di una donna senza fissa dimora.
Per proclamazione popolare, apogeo dell’album è “Silent Lucidity”, un’esemplare power ballad evoluta, che conquista per magnifica combinazione di melodia, spunti orchestrali (dalla strategia vagamente Floydiana) e melodrammatica chitarra solista. Tanto basta per issarla al primo posto della classifica rock di Billboard.
Altri singoli praticamente infallibili sono la title-track e “Jet City Woman”. Trasmettono ulteriori incentivi ad un quarto album premiato anche dal maggior successo commerciale mai raggiunto dal gruppo: infatti “Empire” batte largamente i suoi predecessori, raggiungendo il settimo posto nelle classifiche americane e vendendo oltre tre milioni di copie, un affare da “triplo platino”!
Fatte le debite proporzioni, giova ricordare anche i consensi ottenuti in Italia, dove il pubblico metal è sempre stato particolarmente attento ai gruppi più coraggiosi del movimento. Ai tempi in cui Metal Shock registrava il contributo di Giancarlo e del sottoscritto, i Queensrÿche vennero eletti Band dell’Anno nel Referendum 1990 dei lettori.
Fu un innegabile trionfo, perché si imposero nettamente sulla concorrenza come miglior band (con distacco abissale sui secondi, Iron Maiden!), mentre “Empire” stravinse fra gli album e Geoff Tate fra i cantanti. “Empire” giunse anche al secondo posto fra i singoli e al terzo fra i videoclips, mentre DeGarmo, Jackson e Rockenfield ottennero onorevoli piazzamenti nelle rispettive categorie strumentali.
L’età aurea dei bastioni metallici di Seattle sta però avviandosi alla conclusione; ci sarà ancora spazio per gli ultimi bagliori di “Promised Land”, disco di platino nel ’94. Poi la crisi d’identità sfocia in “Hear In The Now Frontier”. Già da tempo Tate soffriva la luce dei riflettori, non solo l’esposizione “fisica” sul fronte del palco, ma anche la mancanza di privacy nella vita di tutti i giorni. DeGarmo a sua volta sentiva il bisogno di star più vicino alla famiglia.
Non è questa la sede per discutere le ragioni che porteranno all’allontanamento dei due principali protagonisti, addirittura alle dispute legali fra l’ex cantante ed i compagni di un tempo, per disporre in esclusiva del nome “regale”. Ogni formazione rock vive il suo momento di declino, solo nei casi più fortunati, dorato dal perdurante successo.
Queensrÿche, una storia esemplare l’hanno scritta, da autentici fuoriclasse!
All Rÿche’s Reserved!

“Empire”  Special Limited Edition Promotion Only CD

Metal Shock: Queensrÿche band dell’anno 1990

Recensione da Metal Shock n.80-Giugno 1990 (segue)

Ristampe 2021: 2 CD/2 LP/Super DeLuxe Edition Box Set (Capitol/Universal)

“Operation: Mindcrime” / Super DeLuxe Edition

Le nuove edizioni di “Operation: Mindcrime” e “Empire” escono unitamente oggi, 25 giugno, negli stessi formati doppio CD ed LP, rimasterizzate nei celebri studi londinesi di Abbey Road.
Le ristampe di maggior pregio consistono però nelle configurazioni Super DeLuxe, racchiuse in box formato dieci pollici con libro dalla copertina rigida che espone il commento del giornalista Alex Milas (Kerrang!, Metal Hammer) ed interventi di Geoff Tate, oltre ad immagini del gruppo e liriche dei brani.
Più copiosa l’edizione SDL di “Operation: Mindcrime”, costituita da 4 CD ed un DVD. Il primo CD presenta l’album originale, prevalentemente nel remaster del 2003; un secondo disco, Overseeing The Operation”, è sicuramente il più frammentario; include la versione estesa del singolo “I Don’t Believe In Love” e brani dal vivo di differenti periodi, oltre ad un’intervista con il gruppo e una fantomatica ”Overseiing The Operation”: altro non è che un concentrato di alcuni estratti dell’album; fra gli episodi live, si distingue il ritorno alle origini di “The Lady Wore Black”, registrata nel ’91. I CD 3 e 4 includono invece le complete esecuzioni dell’album in concerto, denominate “Operation: Livecrime” e catturate dal vivo rispettivamente all’Hammersmith Odeon di Londra (15 novembre 1990, già presente in un box set del 2006) e nel Wisconsin (1991). La qualità del suono non è paragonabile alla perfezione delle registrazioni di studio, ma vi è documentata la carica del quintetto in vena di “forza bruta”. Anche il DVD finale presenta l’intero “Livecrime” con riprese in due differenti esibizioni nel Wisconsin, oltre a video promozionali ed altri extra. Differenti dunque dal “Video: Mindcrime” risalente al 1989. Si tratta di un assemblaggio per veri “completisti” dell’epopea “Mindcrime”, con tutte le carte in regola per rappresentarne l’edizione definitiva. Una critica la rivolgo alla grafica adottata per l’elenco del materiale raccolto nel box, la stessa della copertina interna dell’LP 1988 e concentrata in un’unica facciata del libro (!), che mette a dura prova la vista di chi vuole documentarsi sui contenuti.

L’edizione SDL di “Empire” include invece 3 CD ed un DVD.
Il primo CD offre l’obbligatorio remaster dell’album originale. Nel secondo, intitolato “Concealed Empire”, sono raccolte B-sides e versioni da singolo; si segnalano il riff Kashmir-esque di “Last Time In Paris”, tratta dalla colonna sonora del film “Le Avventure di Ford Fairlane”, unitamente ad “Empire” ma esclusa dall’album, oltre alla suggestiva versione del classico folk (e di Simon & Garfunkel), “Scarborough Fair”, ennesimo saggio della magnitudine di Geoff, che lo interpreta prima con voce ieratica, poi altisonante! Il terzo CD è un album dal vivo registrato all’ Hammersmith Odeon di Londra, nel corso del “Building Empires Tour” del 1990. Anche in questo caso il suono non può essere rifinito come nella scintillante produzione in studio di “Empire”, ma il furore del gruppo su palcoscenico è ben rappresentato. Presumo che sia lo stesso, come alcune bonus-tracks, dell’edizione del 20° anniversario (2010). Completa l’opera un DVD che riunisce globalmente i video musicali e riprese in concerto dell’epoca. Per fortuna, stavolta il riepilogo dei contenuti, che occupa due facciate del libro, è ben più leggibile del precedente. Anche per “Empire” si può parlare di edizione definitiva del classico per antonomasia di una delle più importanti istituzioni metal di ogni tempo.
Concludo precisando che nelle edizioni 2 CD o 2 LP, oltre agli album originali sono contemplati “Overseeing The Operation” e “Concealed Empire”, ossia le varie, capillari bonus-tracks.

“Empire” / Super DeLuxe Edition

Queensrÿche 1990

48 Commenti

  • Egidio ha detto:

    È sempre un grande piacere leggerti, caro Beppe. Considero i Queensryche una delle band più grandi del metal di ogni tempo. Poche band sono riuscite a forgiare un sound così personale, originale, caratteristico e affascinante, e che si è per giunta evoluto nell’arco di pochissimi dischi senza mai perdere la minima ispirazione. Un merito che credo abbiano ben poche band, nella storia del metal. Il mio più grande rammarico è il non essere riuscito a vedere un loro concerto. Curiosamente, sono arrivato al loro ascolto “solo” cinque anni dopo il mio ingresso nel mondo del metal – ingresso avvenuto nel 1988, a 13 anni – ossia nel ’93, per mano di un mio amico; cinque anni sono tanti, nell’evoluzione musicale di un ragazzo; è quasi un ritardo. Il mio amico mi “battezzò” con Roads to Madness, che mi piacque così tanto che poi mi feci prestare il disco. E Warning, potrà sembrare quasi assurdo, per me resta il loro disco più bello. Perché con una band così avanti, non mi viene neanche di dire che quel disco fosse acerbo; anzi, era tutt’altro, era quasi avanguardia metal. E quelle atmosfere così cupe, affascinanti e romantiche (quelle che io preferivo) non le avranno più nei dischi successivi. Avranno altre atmosfere, che restano comunque ineguagliabili, in un contesto più generale. Ma questo non significa che non ami le atmosfere degli altri dischi, anzi. Rage e Operation, assieme a Warning, restano tre capolavori, ciascuno con caratteristiche a sé, ma comunque dei capolavori. Ed in più, Mindcrime è pure epocale e chiude forse un decennio nel modo più incredibile. Dico tre, e non quattro, perché (non mi odiare, ti prego!), Empire è un disco che non mi ha mai convinto del tutto. Certo, sono stati grandissimi a non ripetersi. Hanno anche lì la loro cifra stilistica, riconoscibilissima, e ben lungi dall’essere una ripetizione. Però l’ho sempre trovato un po’ frammentario, come una bicicletta che non riesce a mantenere l’equilibrio pur sapendo in che direzione andare. C’è sempre la loro immensa classe; una sezione ritmica che in quegli anni aveva pochi eguali, due chitarristi tra i miei preferiti e Geoff, al cui cospetto c’è solo da inchinarsi. Ma nella mia umile e insignificante opinione, i Queensryche hanno fatto 5 dischi eccezionali, di cui tre – i primi – sono dei capolavori, ciascuno con una peculiarità, e due – gli ultimi due – sono due grandi dischi. Forse io, addirittura, preferisco Promised Land. Che, quando uscì, ricordo non piacque a tutti. Addirittura, ricordo una ironica vignetta disegnata da un lettore di Metal Shock nella sezione Shock Mail, che vedeva i nostri eroi che “guardavano” una “terra promessa” da lontano, e quella terra era rappresentata da un metaforico palazzo che aveva la forma di tante monete d’oro, pensa! Invece resta un gran bel disco. Sul resto della loro carriera, un po’ mi trovo d’accordo con te; e preferisco non pigliarmela con loro, per le scelte opinabili. Hanno scritto delle pagine troppo importanti per cadere nel tranello del dimenticare ed biasimare.
    Per finire, mi rammarico di non avere quel numero di Metal Shock in cui recensisci Operation Mindcrime: il numero era di giugno, mentre io iniziai ad ascoltare metal solo a settembre di quello stesso anno (Seventh Son fu il galeotto disco che mi consacrò metallaro) ed acquistai il mio primo Metal Shock a novembre (il numero con Bon Jovi in copertina).
    Perdona l’eccessiva lunghezza! Non è mai stato il mio forte la sintesi. E ribadisco la mia profonda stima verso te ed il tuo caro amico (anche mio amico, tra l’altro) Giancarlo. È sempre un grande piacere leggervi. Questo blog è la salvezza.
    Egidio

    • Beppe Riva ha detto:

      Gentile Egidio, penso che i Queensryche siano universalmente riconosciuti come una delle più grandi metal bands di sempre. Inoltre non c’è niente di assurdo nel preferire “The Warning” nella loro discografia; ognuno è libero di emettere giudizi circostanziati, non siamo per fortuna in un regime totalitario e se “Empire” ti piace meno di altri loro album, hai espresso le tue ragioni. Qui i lettori possono prendersi lo spazio che vogliono per dire la loro, noi siamo soddisfatti se ci sono appassionati che apprezzano ciò che scriviamo, e per quanto posso notare non sono neanche pochi. Quindi, ti saluto con simpatia ringraziandoti per essere intervenuto.

  • Stefano ha detto:

    Grazie per la rievocazione della rivista Hard `N` Heavy che io comprai e custodisco ancora gelosamente. All`epoca ero un ragazzo appassionato di rock e metal che oltre a Rockerilla auspicava l`uscita di una rivista tutta dedicata al metal che arrivo` prima con H.M. eppoi col definitivo Metal Shock. Con Metal Shock e Rockerilla sono cresciuto e le tue recensioni erano sempre le piu` attese. Dei Queensryche hai gia` detto molto, una band strepitosa che faceva dell`eleganza e della sperimentazione le sue migliori armi. Tate rimane una delle migliori voci di sempre e i loro primi 5 dischi tutti classici. A mio parere considerando l`anno di uscita (86), Rage for Order rimane il piu` stupefacente. Operation Mindcrime invece e` il piu` leggendario, concept anticipatore di tutto il movimento prog metal . Empire riusci` a spiazzare ancora nonostante una propensione piu` radiofonica e meno avant-gard. I brani come sempre sono memorabili. Per concludere mi sento di spezzare una lancia anche per il successivo Promised Land del 1994. disco misterioso, oscuro e cerebrale. Si passa da sperimentazioni come Disconnected a cupi brani introspettivi come Damaged, Out of Mind e la title-track. Bridge e` amara, Lady Jane malinconica e la conclusiva “Someone Else ?” un viaggio della mente verso l`ignoto. Ennesimo capolavoro.
    Una domanda : cosa ne pensi Beppe dell`ultima formazione con La Torre alla voce ? come trovi i tre dischi usciti finora ? Dal vivo La Torre raggiunge livelli incredibili veramente vicini al maestro Tate.
    Grazie

    • Beppe Riva ha detto:

      Si Stefano, le tue valutazioni sugli album dei Queensryche da “Rage” ad “Empire” sono ampiamente condivisibili. Quella di “Promised Land” molto personale e sentita. Sui Queensryche dal 2013 in poi, posso dire che il confronto con gli originali non regge a livello d’importanza storica (le assenze di Tate, DeGarmo ed infine Rockenfield si commentano da sole), certamente è più proponibile a livello di competenza strumentale. In genere non mi piacciono le band che sostituiscono il cantante con una sorta di replicante, ma La Torre sicuramente è in possesso di innegabili doti vocali (non l’ho mai visto dal vivo, comunque) ed anche “The Verdict” ha i suoi momenti. Fatte le debite proporzioni però. Ti saluto e grazie del contributo.

  • Alessandro Ariatti ha detto:

    Ciao Beppe, ricordo ancora quando, proprio in un’intervista dopo Rage, Tate disse che l’album successivo sarebbe stato un disco più “stradaiolo”. Molti si spaventarono, paventando una deriva street/glam, invece la “strada” si riferiva più che altro ai contenuti di una storia da bassifondi disperati, sublimati però in un capolavoro epocale. La tua recensione di Mindcrime dell’epoca un altro capolavoro, quasi quanto il disco. 😀
    Ciao!

    • Beppe Riva ha detto:

      Ciao Alessandro, talvolta facciamo un po’ troppa attenzione alle “etichette” della musica. Giustamente gli artisti sono concentrati sulla loro proposta, al di là di classificazioni. I complimenti sono sempre graditi, sappiate che il mio scopo è trasmettere le emozioni che provo ascoltando musica rock. Non ho altre pretese, ma rimanere nei vostri ricordi legati ai gruppi che amate è significativo, ringrazio sentitamente.

      • Alessandro Ariatti ha detto:

        Beppe, ti assicuro che quelle emozioni sono arrivate a destinazione. Ed è bellissimo rileggerti. Ciao.

  • Luca ha detto:

    Articolo ricco, approfondito, superlativo per due lavori storici, da avere tassativamente in ogni discografia. Di fronte alla bellezza di due capolavori il rischio di scrivere banalità è alto, ma Beppe sei stato semplicemente magnifico. Grazie per lo stupendo omaggio.

    • Beppe Riva ha detto:

      Luca, non posso che ringraziarti per la stima espressa e mi gratifica che il recupero dei Queensryche abbia davvero ottenuto molti consensi, da te e altri lettori. Ciao

  • Fabio Zampolini ha detto:

    Certo che ho capito, ma infatti la tua recensione su Rockerilla spiegava molto bene i contenuti dell’album, come sempre, in effetti fu un passo intermedio per arrivare a Rage for Order che, per usare una tua affermazione attribuita ai Rush, risultarono in quell’album maestri dall’imperturbabile estetismo. Grande Beppe!!!

  • Fabio Zampolini ha detto:

    Per me la carriera dei ‘Ryche è pressoché perfetta sino a Promised Land, considero davvero Queen of the reich uno dei migliori singoli di sempre, mi avvicinai invece freddo verso The warning perché la tua recensione avvertiva dei cambiamenti dal roboante mini-lp. Mentre per Empire ebbi un tuffo al cuore perché anch’io pensavo che potesse essere il loro Physical Graffiti! Per Rage for order ci misi un annetto buono a considerarlo un classico, invece Operation mi apparve subito come un capolavoro, completato poi in sede live con l operation livecrime, al Rolling Stone di Milano da spellarsi le mani!

    • Beppe Riva ha detto:

      Fabio ciao. Come avrai capito, da parte mia i cambiamenti relativi a “The Warning” non erano un decadimento ma un differente linguaggio espressivo. L’esibizione che ricordi al Rolling Stone di Milano è stata davvero memorabile, in particolare l’esecuzione di “Suite Sister Mary”. Grazie

  • Igniz ha detto:

    Incredibile constatare le affinità di giudizio su questa band, all’ unanimità considerata immensa fino a Promise Land, e che lega coloro che hanno vissuto quel periodo in prima persona. Io direi che fino al ’94 sono stati una band perfetta, la band perfetta. La bontà del loro lavoro si evince ancora oggi, quando metto sul piatto (o sul lettore) un album come Empire e all’ improvviso le atmosfere che hanno reso quel periodo leggendario riprendono forma senza nessuna variazione, senza nessuna caduta, senza pensare minimamente ad un suono invecchiato, anzi, ma che risplende ancora fresco. Cinque album considerabili dei classici da avere assolutamente per chi non li conosce. Se penso che questi a venticinque anni (25) partorivano un album come O:M , con quei contenuti, con quella classe, beh…come si fa a non rimpiangere quei tempi, e non solo musicalmente. Molte volte capita di sentire dei rimproveri rivolti ai “vecchietti”, accusati di essere nostalgici…ma come si fà? Io non la chiamo nostalgia ma guardare al passato per recuperare il meglio che oggi non si trova.

    • Beppe Riva ha detto:

      Ciao Igniz, la tua é un’accorata testimonianza di passione nei confronti di una band che ha lasciato il segno, meritando inequivocabilmente il successo ottenuto. Sicuramente conta tanto il fattore generazionale, ma sei in buona compagnia nel “beatificare” il passato rock e ad essere scettico su gran parte delle proposte attuali. Bisogna sentirsi in pace con sé stessi e convinti delle proprie scelte, nessuno ci obbliga a pensarla diversamente. Grazie

  • Lorenzo ha detto:

    Ciao Beppe, bellissimo articolo.
    Dei Queensryche fino ad Empire si può parlare solo bene, forse la migliore metal band in assoluto, capace di coniugare testi, musica siderale, grandi musicisti, cantante inarrivabile, il tutto coniugato a suoni e produzione innovative (soprattutto nel caso di Rage for Order).
    Questi due cd in particolare credo di averli già in due edizioni differenti, sarebbe questo il terzo acquisto dello stesso disco.
    Metal Shock: ricordo la recensione del box cd+vhs “Operation Livecrime” del 1991, un periodo in cui queste operazioni “combo” non erano così frequenti; trovai anni dopo questo cofanetto oblungo in un negozio specializzato che frequentavo (a Bologna) e lo comprai in quanto all’epoca mi era sfuggito. Adesso lo conservo come una specie di reliquia, anche perchè mi costò una cifra notevole.
    La recensione di cui sopra mi pare proprio che la facesti tu, e argomentavi il parallelo tra Empire e il quarto Led Zeppelin, e Operation Mindrime e Phisical Graffiti, o viceversa, non ricordo bene poichè i miei numeri di Metal Shock disgraziatamente non li possiedo più. Mi confermi, se ti ricordi, che la recensione era la tua?

    • Beppe Riva ha detto:

      Ciao Lorenzo, grazie per aver apprezzato. Sicuramente negli anni ’80 ed in ambito metal, difficile pensare ad una formazione più qualitativa dei Queensryche. Per quanto riguarda gli acquisti delle nuove edizioni Super Deluxe, ho precisato che dipende dalla voglia degli appassionati di essere “completisti” e che sussistevano precedenti ristampe con bonus. Per chi era rimasto alle edizioni originali degli ’80, l’acquisto delle nuove e “definitive” é senz’altro consigliabile. Per quanto riguarda le recensioni, mi sono occupato dei Queensryche dall’EP d’esordio fino a “Promised Land” in prima persona (da Rockerilla a Metal Shock), ma escluderei di aver recensito il box che citi, perché erano tempi conflittuali con Metal Shock, che hanno portato alla mia partenza dalla rivista, festeggiata dalla redazione romana. Alla prossima

  • Gianluca CKM Covri ha detto:

    Beppe, Grande articolo per una gran gruppo. È evidente da quello che scrivi che questi sono anni vissuti in prima persona, l’aver scoperto direttamente questa scena ed averla proposta, raccontata a noi ragazzini. Queensryche fino a promised Land praticamente perfetta. Menzione a rage for order, album che è avanti anche oggi. Alla prossima.

    • Beppe Riva ha detto:

      Grazie Gianluca, é evidente che mi rifaccio spesso ad un passato vissuto in prima persona; mi sembra corretto proporlo, perché inevitabilmente il Blog vive anche di ricordi e non é facile, alla nostra non più tenera età, “tifare” per tendenze moderne (intendiamoci, possono esserci eccezioni). Queste ristampe dei Queensryche sono giunte al momento giusto per celebrare l’importanza storica del gruppo; ero sicuro, come effettivamente é avvenuto, che i miei lettori di “tempo fa” avrebbero gradito. A risentirci

  • francesco angius ha detto:

    Pietre miliari di un modo di fare rock che univa impatto sonoro a una tecnica notevole e con un cantante che aveva raggiunto livelli stratosferici. Dischi meravigliosi e che rimangono nell’immaginario collettivo di noi di quella generazione. Poi un calo improvviso, mesto e triste.
    Ci mancano, meno male che tu li riporti alla mente celebrandoli in modo degno da “padre” del nostro Rock duro e con le giuste parole e il corretto inquadramento musicale e storico.
    Grazie per molti.

    • Beppe Riva ha detto:

      Francesco ciao, io ringrazio sempre voi che leggete e comunicate il vostro supporto, senza il quale questo Blog scritto da due veterani e messo in rete da un esperto regista non avrebbe senso. A risentirci

  • Francesco ha detto:

    Grande articolo (e grandi i ‘ryche, ovviamente). Un articolo del genere anche per la deluxe edition del Black Album dei Metallica, please 🙏🏻.

    È sempre un piacere leggerti.

    F.

    • Beppe Riva ha detto:

      Ciao Francesco. Il Black Album è ovviamente un gran disco ed a suo tempo ho apprezzato la svolta che fu anche accusata di fini “commerciali”, ma dei Metallica parlano tutti talmente tanto che non riesco a diagnosticare l’utilità di un mio intervento. Vedremo. Grazie davvero per la fiducia.

      • Francesco ha detto:

        Ciao Beppe, leggo solo ora pardon. Sarebbe utilissimo, invece. Innanzitutto perché sei “tu”/è la tua penna… e poi bisognerebbe ricordare alle persone che la mediocrità dei Metallica di “ora” non è retroattiva. Sparare sui ‘tallica è diventata quasi disciplina olimpionica.

        Ciao ancora. 🙂
        F.

        • Francesco ha detto:

          P.S.: ero tornato per vedere se c’era un articolo sul Black Album, vosto onore. Lo ammetto.
          Bello l’articolo sui Ghost. 🙃

          F.

        • Beppe Riva ha detto:

          Francesco, ti ringrazio tanto per la considerazione sulla “mia penna”. Forse non ho la presunzione di pensare che su un soggetto del tenore dei Metallica il mio parere sia così determinante. Fra l’altro non so chi ce l’abbia tanto con i Metallica oggi, ma con la diffusione dei social non ci si può più meravigliare di nulla. Il Black Album è e resta un album epocale, al di là di opinioni soggettive. Grazie della stima.

  • Leandro ha detto:

    Quel numero di H&H è il giornale della mia vita: la vista del nome ELP (mai accaduto) nell’edicola di fronte alla palestra e le 5000 lire chieste in prestito con trepidazione a un compagno della stessa per acquistarlo. Sono passati tanti anni ma ogni volta rivivo quella emozione. Come non amare i Queensryche da quel momento!

    • Beppe Riva ha detto:

      Caro Leandro, innanzitutto voglio complimentarmi con te, Paolo e Stefano del Gruppo FB Emersonology per la celebrazione del 50° Anniversario di “Tarkus” degli ELP, da voi realizzata su Prog Italia. Per me é di grande soddisfazione che quel numero di Hard’n’Heavy abbia “ispirato” appassionati di spiccata competenza. Vuol dire che su certe fondamenta é stato costruito qualcosa di duraturo e valido. Spero che i Queensryche ti siano anche piaciuti per aver allargato le frontiere del metal, al di là della copertina che segnalava il mio personale tributo agli indimenticabili ELP. Grazie di cuore.

      • Leandro ha detto:

        Grazie della tua stima! Anche l’articolo del 1988 di Metal Shock mi ha riportato ai Three di quel numero: il ragazzino affamato aveva bisogno di nutrimento e me ne arrivò tanto da quelle pagine. E la passione non morì ma si allargò.

  • Luciano Palermi ha detto:

    Ciao Beppe, che piacere leggere i tuoi articoli! Ho perso il conto delle volte in cui le tue recensioni mi hanno indotto a comprare un disco della band in questione, condizionando anche la mia formazione artistica. Il tuo stile narrativo col tempo è diventato sobrio e misurato, ma sempre coinvolgente. Grazie per avermi accompagnato con sapienza per tutti questi anni nella mia formazione musicale.

    • Beppe Riva ha detto:

      Ciao, ricordo di aver conosciuto negli anni ’80 il cantante degli Unreal Terror, Luciano Palermi…sei un omonimo? In ogni caso fa piacere ritrovare lettori che affermano di esser cresciuti con l’accompagnamento delle mie recensioni. Dici che scrivo in modo più misurato? Può essere, le persone cambiano col tempo, mi preoccupo di non eccedere con i fuochi d’artificio, auspicando di restare “coinvolgente” come dici tu. Sarebbe un ottimo risultato. Ti ringrazio della costanza e dell’attenzione.

      • Luciano Palermi ha detto:

        Ciao Beppe, si, sono io Luciano che conoscesti a suo tempo. Da quando ho scoperto questo blog, leggo sempre volentieri i tuoi articoli, per ritrovare il tuo stile di scrittura inconfondibile. Non dimenticherò mai i “riff sulfurei” e il “drumming tellurico” con cui descrivevi rispettivamente, se non erro, le fatiche di Mercyful Fate e Manowar. Ben ritrovato e buon lavoro!

  • Massimo ha detto:

    Ciao Beppe, mi fa piacere constatare che -oltre a me- qualcun altro sia in vena di obiettare sulla produzione di “The Warning”!
    Volendo approfondire quel filone, che da ragazzino chiamavo “metal-programmed” (ah! le suggestioni!) e di cui Queensryche sono inequivocabili iniziatori, ti chiedo se conosci i Kingsbane e cosa ne pensi: il loro album omonimo del ’91 -che purtroppo non ho in collezione- è secondo me magnifico, penalizzato dalla data di pubblicazione oltre che dall’evidente taglio imitativo. Fammi sapere, se ti va.
    Grazie e buona giornata,
    Massimo

    • Beppe Riva ha detto:

      Ciao Massimo, grazie dell’attenzione. Per quanto riguarda i Kingsbane, inutile nascondersi, non li ho seguiti quindi non posso esprimermi in merito.

  • Giuseppe ha detto:

    caro Beppe, davvero una bellissima riesamina della semplicemente fantastica produzione di uno dei gruppi “culto” del metal anni 80 … proprio oggi mentre scrivo, 27 giugno, cade il 35° anniversario della pubblicazione di Rage For Order, che per me, pur riconoscendo la maestosità di Operation Mindcrime e Empire, rappresenta “IL” disco dei Queensryche! Anche la loro immagine del tempo risultava per me di grande originalità e bellezza estetica, sposandosi perfettamente con il sound … peccato che mi manchi il numero 1 di Hard’n’Heavy con loro in copertina (maledetta distribuzione dell’epoca!), ma chissà se prima o poi riesco a beccarlo … grazie e alla prossima!

    • Beppe Riva ha detto:

      Ciao Giuseppe, stabilire il miglior album dei Queensryche é molto soggettivo, proprio per la gran qualità della loro epoca aurea. Io ho voluto riepilogarne le gesta più significative, ponendo il focus sulle ultime ristampe. Ringrazio tanto anche te dell’apprezzamento. Se tu ricercassi quell’Hard’N’Heavy, puoi provare a rivolgerti alle edizioni Rockerilla. Io non ho più contatti da tempo immemore, ma so che anche recentemente un paio di lettori hanno richiesto degli arretrati. Credo si trovi l’indirizzo on line. A presto

  • Enrico ha detto:

    Buonasera Beppe. Ti/vi leggo sempre con piacere (e anche con una certa venerazione, per me che sono del ’78 i tuoi scritti sono sempre stati avvolti da un’aura leggendaria). Non ho mai inserito commenti ai tuoi articoli, ma questa volta – trattandosi di una delle mie top band di sempre – mi permetto di dire che sei stato capace di trasmettere la grandezza di una band unica (almeno fino a Promised Land) senza dover ricorrere a iperboliche bordate. Insomma, l’articolo ha l’aristocratica magnificenza di Rage For Order: semplicemente è superiore.
    Grazie e a presto.

    • Beppe Riva ha detto:

      Enrico, sappi che ricevere commenti ci interessa, anche se il numero di letture per singolo utente di ogni articolo ci offre un quadro più che positivo della situazione. Però ricevere un commento come il tuo mi ha commosso, lo ammetto; non solo perché giudico i lettori di “vecchia data” spesso più esperti e motivati, ma anche perché dimostra che abbiamo veramente uno scopo nello scrivere, di fronte a reazioni di questo tipo. Grazie di cuore, a risentirci, se ti andrà. Ciao

  • Fulvio ha detto:

    Ciao Beppe,
    Articolo che celebra nel giusto modo una band immensa e che, come al solito, evidenzia la tua capacità di scrivere in modo esaustivo e competente rendendo la lettura fluida e gratificante.
    Che band i Queensryche! Da Queensryche (EP) ad Empire cinque capolavori con l’ulteriore pregio di essere molto diversi l’uno dall’altro pur mantenendo il “trademark”, e non è  sicuramente da tutti. Inoltre la voce di Geoff Tate…indescrivibile: credo che al tempo vantasse più tentativi di imitazione di Robert Plant.
    Poi, da Promise Land, l’improvviso declino che al tempo mi stupì e mi deluse molto.
    Mi tengo stretto le prime 5 perle che spesso riascolto.
    Grazie Beppe!
    Un saluto

    • Beppe Riva ha detto:

      Certo Fulvio, un declino che ci ha lasciato attoniti; ma quanti gruppi sono finiti in un’epoca di “basso impero” senza esser tartassati dalla critica perché il successo popolare era sempre elevato? Molti se lo dimenticano, oppure fingono di non accorgersene. Geoff Tate é stato e sempre sarà un fuoriclasse della voce rock, hard o metal che dir si voglia. Scrivendo l’articolo, riascoltavo qualcosa di meno solito come la versione di “Scarborough Fair” e mi sono commosso. Che talento! Pensare che c’è chi si esalta per cantanti afoni o senza doti spiccate. De gustibus…dicevo prima. Ciao e grazie.

  • Mox ha detto:

    Ennesima spettacolare ricostruzione targata Beppe, quindi garanzia di storia certificata e qualitativa.
    Come preferenza personale nella fase discografica della band di Seattle, dagli esordì al ’90, indico ‘the warning’ e ‘rage for order ‘, seguiti dal 12″ di debutto e infine i due album della maturità assoluta, sebbene unanimemente considerati come i capolavori. …Parere non richiesto, ma espresso giusto come pretesto per non scriverti solo il consueto e riconoscente ‘grazie’ 🎼

    • Beppe Riva ha detto:

      Caro Mox, come dicevano i saggi latini, “de gustibus non est disputandum”, ed il tuo parere é accolto come ogni tuo intervento con piacere. Anzi, dimostra che stiamo parlando di un grande gruppo. Se si chiede/legge dei migliori album dei classici Zeppelin/Sabbath/Purple (per nominare i più famosi), difficilmente sarà data una risposta univoca; non tutti convergeranno sulla stessa scelta. Significa che numerosi album avevano grandi pregi, suscitando inevitabilmente preferenze. Grazie del commento, ciao.

  • Roberto Torasso ha detto:

    Grande Beppe, articolo esauriente ed al tempo stesso coinvolgente per la riedizione di 2 capisaldi del metal internazionale e di una band che ha fatto grandi cose in una carriera che si preannunciava sfolgorante, ma che come tutte le belle cose è degenerata in un limbo di mediocrità e nefandezza per via dellao sfaldamento conseguito.
    Detto che preferisco la prima fase di carriera del gruppo di Seattle proprio perché il successo ha portato al tracollo della band, non nascondo che Empire mi ha sempre lasciato freddo perché alternava luci e ombre in virtù di un songwriting più accessibile ma si tratta di sottigliezze perché bastava il carisma inarrivabile della band a compensare il tutto.
    Mi piacerebbe sapere il tuo parere sul seguito di questi exploit e se nonostante la defezione di DeGarmo qualcosa della magia è rimasta a discapito di un cambio di rotta musicale che sostanzialmente può essere considerato un tentativo di non arenarsi al già detto come invece è accaduto recentemente con la sostituzione con un sosia di Tate e il ritorno ad un metal più prevedibile.. Un saluto ossequioso

    • Beppe Riva ha detto:

      Ciao Roberto, basta il saluto, e ti ringrazio, “ossequioso” non é il caso! Premesso che il mio intento era quello di ricostruire l’evoluzione dei Queensryche fino ai grandi album oggetto di nuova edizione “Super DeLuxe”, e l’elaborato era già di per sé abbastanza lungo, ho preferito evitare di pronunciarmi sul seguito perché (come tutti o quasi) sono rimasto deluso. Ovviamente bisognerebbe entrare in merito, ma mi limito a dire che é un peccato che una storia così importante finisca/prosegua nel contendersi il “nome” di successo, provare nuove strade musicali senza trovarne una valida, ritornare a celebrare sé stessi con un “cantante sosia” (come dici tu). Ed in ogni caso, un gruppo giunto ai vertici con due riferimenti di indiscutibile valore (Tate e DeGarmo) non può esser la stessa cosa, senza. Ma non colpevolizziamoli troppo, la moda dei revival di nomi celebri per soddisfare la nostalgia dei fans non l’hanno inventata i ‘Ryche.

  • NEVIO ha detto:

    Buongiorno Beppe. Articolo eccezionale per sostanza forma completezza suggestioni etc.
    Non per far polemica, ma qualche presunto grande giornalista dei giorni d’oggi dovrebbe leggerlo e calare un po’ le ali.
    Grazie ancora

    • Beppe Riva ha detto:

      Grazie a te Nevio che mi attribuisci tale credibilità. Mi hai incuriosito con quel tuo appunto su chi evidentemente sfoggia un notevole ego in questo campo. non ho idea di chi possa essere il soggetto in questione, ma è corretto da parte tua non fare nomi. Posso solo aggiungere che c’è sempre da imparare per tutti, ma da maestri appropriati. Peraltro siamo circondati da personaggi (politici, dirigenti etc.) che palesano un’autostima smisurata, quindi non meraviglia che facciano proseliti. Presunzione? Ad ognuno la conclusione più opportuna. Ti saluto con piacere.

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