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ALBUM & CD

OZZY, il Nuovo Testamento!

Di 22 Settembre 202218 Commenti

Da sempre c’è un angolo riservato ad Ozzy fra i miei eroi giovanili; la scintilla si accese all’ascolto del singolo che impose i Black Sabbath (“Paranoid”); dieci anni dopo, ho ritenuto di rendergli omaggio nel corso delle mie vicende musicali, elettrizzato dalla sua nuova era solista all’inizio degli ’80, quando inauguravo lo spazio Hard’n’Heavy su Rockerilla: ricordiamo che il 20 settembre ha compiuto 42 anni il leggendario debut-album “Blizzard Of Ozz”! E’ trascorso tanto tempo, ma la presenza “fatale” di Ozzy ha accompagnato anche le prime mosse di Rock Around The Blog, quando uscì il suo album di studio del 2020, “Ordinary Man”, irrinunciabile su queste colonne…
Allora ci domandavamo se rappresentasse il suo capitolo finale, perché l’istrionico Pater Tenebrarum dell’heavy metal sembrava giunto all’ultimo valzer. Il cerimoniale appariva predisposto per un testamento rock in grande stile, alla presenza di ospiti illustri che officiassero il rito: Slash, Duff McKagan, Tom Morello, Chad Smith, persino Elton John e Post Malone, ed è innegabile che Ozzy ne riceveva una spinta rigeneratrice, che allontanava nel passato il non irresistibile “Scream”.
Potevano i reiterati problemi di salute, gli interventi chirurgici e le serrate terapie riabilitative porre fine alla sua ultra-cinquantennale carriera? Sembra proprio di no, anzi il cantante è riapparso in scena durante eventi di grande esposizione mediatica: a fianco di Tony Iommi in agosto per celebrare la chiusura dei Giochi del Commonwealth a Birmingham, dichiarando amore alla sua città natale e la decisione di tornare a risiedervi; inoltre si esibiva con il ritrovato Zakk Wylde in occasione di una partita di football americano dei Los Angeles Rams: una vetrina mirata per pubblicizzare il nuovo album “Patient Number 9” (Epic), che sarebbe uscito il giorno dopo, 9 settembre.
Però le strategie di marketing che governano la popolarità di una superstar ci interessano ben poco, piuttosto desideriamo testare il livello di salute artistica di Ozzy, che non ha lasciato proprio nulla di intentato per dar lustro al suo possibile “peccato finale”.

"Patient Number 9", alla corte del Principe Oscuro

L’intento più ambizioso, riunendo nell’album un cast non meno stellare del precedente, era di accogliere in “Patient Number 9” la storica, divina Trinità dei chitarristi rock inglesi, dunque Jeff Beck, Eric Clapton e Jimmy Page (in ordine rigorosamente alfabetico)…Progetto parzialmente fallito per la defezione del leader dei Led Zeppelin, che secondo Ozzy non ha declinato, ma non ha mai risposto al suo invito. In tema di virtuosi delle sei corde c’è comunque da consolarsi, perché il Doppio O ricompone antichi sodalizi con l’alter ego delle origini Tony Iommi e con il solista più a lungo al suo servizio, Zakk Wylde, senza dimenticare luminari dagli anni ’90 – in poi – come Mike McCready dei Pearl Jam e Josh Homme (ex Kyuss) dei Queens Of The Stone Age.
A dirigere le operazioni è un altro chitarrista, il newyorkese Andrew Watt, che già aveva prodotto “Ordinary Man” e si prodiga anche come polistrumentista. Rispetto agli intervalli fra le fatiche discografiche di attempate rockstar, sorprende anche la relativa vicinanza – due anni e mezzo – fra le due più recenti opere di Ozzy Osbourne.
Il tredicesimo album di studio (includendo nel computo “Under Cover”) esordisce con l’architettura eclettica del brano che lo intitola e si dispiega oltre i sette minuti. Nonostante una struttura cangiante, da ponderose trame metalliche a staccati acustici ed impetuoso finale strumentale, “Patient Number 9” detiene un evidente potenziale commerciale nel refrain cantato da Ozzy in stato di grazia. Certamente il valore aggiunto scaturisce dall’assolo di Jeff Beck, che riscopre i suoi istinti primordiali ad alta intensità heavy…Senza dimenticare lo schieramento all star che nell’occasione affianca il cantante, con Watt e Wylde (entrambi anche alle tastiere), e la sezione ritmica costituita da Robert Trujillo e Chad Smith.

In “Immortal”, Ozzy interpreta il tipico ruolo vampiresco, da Christopher Lee del rock duro, quasi a scongiurare le minacce che incombono sulla sua vita reale. Stavolta il rimbombante basso di Duff McKagan incrementa il ritmo sospinto da Chad Smith, e Mike McCready compie una credibile, virulenta metamorfosi heavy metal. Il pezzo è però fra i più prevedibili del nuovo repertorio.
Lo stesso si può dire di “Parasite”, anche se non è in discussione la forza d’urto, animata da un bombastico Zakk e da un’altra combinazione ritmica di grande impatto, con Trujillo e il compianto Taylor Hawkins di fama Foo Fighters.
Di tutt’altra natura invece “No Escape From Now”, sorta di claustrofobica visione dei moderni tempi bui, ma animata da un gusto musicale retrospettivo che resuscita lo spirito degli originali Black Sabbath, non solo per l’inconfondibile presenza del gran maestro del riff Tony Iommi; anche la voce filtrata dall’eco di Ozzy richiama esperienze di mezzo secolo fa a nome “Planet Caravan” e “Solitude” (nei fraseggi acustici) e con una ripartenza lanciata di Iommi – sulla 3 / 4 del brano! – in stile “War Pigs”.
“One Of These Days”, a sua volta una pessimistica arringa sull’infausta attualità, è un altro exploit di primo piano, avvalorato dalle sonorità calde ed avvolgenti della chitarra di Eric Clapton; colui che era nominato “Dio” negli anni ’60 è tornato da tempo sulla terra, ma è sempre un piacere riascoltare il suo tocco peculiare in un contesto spiccatamente rock. Ozzy ci mette comunque del suo, sorvolando un riff fra i più incisivi e riconoscibili con parti vocali d’effetto garantito, come l’insistenza sul verso “Uno di questi giorni in cui non credo in Gesù, no no…”, sconsigliatogli dallo stesso Clapton! Il cantante ha precisato che non si tratta di una lirica “anti-cristiana”, semplicemente esprime lo scoramento della gente comune in questi anni drammatici, che inducono a perdere la propria fede.
Poi il Principe Oscuro torna al suo gioco preferito nel dichiarare l’ossessione per le tenebre, nelle loro mille sfumature (“A Thousand Shades”) o nel proclamarsi “Mr. Darkness”…La prima delle due è una ballata con arrangiamento orchestrale ad ampio respiro, accompagnata dal pianoforte essenziale di Watt; anche in questo caso rifulge Jeff Beck in assolo su un impianto altamente melodrammatico. “Mr. D” sfoggia un’altra convincente melodia acustica, brutalizzata però da scariche di turbinosa adrenalina elettrica ad opera di Zakk Wylde.

Tony Iommi con Ozzy

Jeff Beck

Eric Clapton

La qualità melodica è decisamente un punto di forza di “Patient N.9” e la conferma giunge dalla memorabile “Nothing Feels Right”, con il leader dei Black Label Society stavolta protagonista di una punteggiatura inusuale, dai forti richiami psichedelici a coronamento dell’ispirazione beatlesiana nelle armonizzazioni vocali, sempre ribadita da Ozzy. Per rimettere le cose a posto l’innesto di un’arroventato assolo di chitarra non fa che aumentarne il fascino complessivo.
Zakk è protagonista anche del riff ultra-doom della programmatica “Evil Shuffle”, e per restare in tema, la seconda, consistente apparizione di Iommi è ufficializzata in “Degradation Rules”, che si dischiude sul caratteristico connubio fra armonica e chitarra heavy, come ai tempi di “The Wizard”.
L’alternanza fra episodi dalle sonorità particolarmente accese e canzoni più fruibili è un’altra mossa vincente dell’album che rende intrigante l’ascolto, così Ozzy strizza l’occhio ad uno stile più radiofonico nell’orecchiabile “Dead And Gone”, anche qui con riuscito innesto pseudo-sinfonico.
“God Only Knows” cavalca l’onda di intriganti cori vocali (unico comune denominatore con l’omonimo classico anni ’60 dei Beach Boys) e il contributo di uno dei più stimati rocker contemporanei, nonché carismatico chitarrista delle sessioni nel deserto, Josh Homme.
Infine, forse per concludere con il tredicesimo brano il suo album n.13, Ozzy rispolvera il bonus dell’edizione giapponese di “Ordinary Man”, “Darkside Blues”, che rappresenta in pieno il suo titolo e risale idealmente alle radici pre-Sabbath degli Earth, con pregevoli spunti di armonica e chitarra slide.
“Patient Number 9” è un album perfettamente equilibrato nelle sue varie componenti, assolutamente rispettoso della storia del protagonista e del suo stesso pubblico, che non vedrà affatto tradite le proprie aspettative. Riunisce grandi veterani del rock, naturalmente non all’apice della loro creatività, ma ancora in grado di sprigionare cospicue emozioni.
Mr. Ozzy Osbourne punta a raggiungere per la prima volta – da solista – il numero uno nella classifica inglese: ha esordito al secondo posto, gli auguriamo di farcela (visto che in testa c’è Robbie Williams) ma l’antagonista è ostico…In ogni caso, se testamento musicale sarà, di certo non è in fase di luna calante.

18 Commenti

  • Antonio Giorgio ha detto:

    Un grande come-back, davvero emozionale e commovente oserei dire considerate le sue condizioni fisiche e psicologiche.
    Grandiosi i brani con Iommi.
    Sul mio canale Youtube Antonio Giorgio’s Golden Metal l’ho eletto a miglior album del 2022 e fa piacere che poco dopo ha vinto il Grammy Award!!

    Un abbraccio caro Beppe!!

    • Beppe Riva ha detto:

      Benvenuto Giorgio. Può essere stavolta, purtroppo, il “canto del cigno” di Ozzy Osbourne, un grande personaggio che ha fatto la storia della nostra musica del cuore, ma è stato davvero realizzato in grande stile. Ti ringrazio, ciao.

      • Antonio Giorgio ha detto:

        Concordo perfettamente caro Beppe!!
        Il mio preferito rimane “Bark at the Moon” (anche se il primo è sicuramente anche più importante storicamente parlando) che fu il primo che ascoltai da ragazzo su MC con quel sound Class-Metal di Max Norman decisamente trascinante, l’abbinavo perfettamente nella mia Immaginazione alle tavole di Dylan Dog che iniziai a leggere in quel periodo, il connubio Horror & Metal ha sempre funzionato bene, specie in quegli anni.
        “Bark…” l’ho rifatta per il mio album “Eternal Metal – Tales from the Twilight Zone” che è una raccolta di remakes di classici (anche minori) del Metal che ho rifatto a modo mio modernizzandoli anche il giusto, dal 1983 partendo proprio da Ozzy e arrivando fino al 2013 con “God is Dead?” de Black Sabbath riformati con Ozzy, una perfetta chiusura del cerchio con trent’anni di grande Metal che ho preso in considerazione con vari sottogeneri tralasciando la fascia più estrema perché sono un singer non un urlatore:-D (anche se ci sono cose buone anche in quell’area) e anche quella piàù alternative.
        Per ora è uscito solo in digitale per la AUSR (label italo-britannica), non so se uscirà in versione fisica (forse per una versione deluxe di “IMAJICA” , la mia ultima release di inediti. Sarebbe bello avere una tua presentazione per questa versione Deluxe dell’album, mi farebbe molto piacere).

        Un caro saluto.

        • Beppe Riva ha detto:

          Ciao Antonio, la tua passione per Ozzy ed i Sabbath è giustamente condivisa da molti, e nel tuo caso si riflette anche nell’attività artistica, che ti auguro dia soddisfazioni. Invito pertanto chi è interessato a ricercarti su internet e YouTube, ma non posso andar oltre per condizioni condivise al momento dell’apertura del Blog. I commenti sono ben accetti, ma dobbiamo esser equi con tutti i lettori. Ti ringrazio sinceramente della proposta, ma non sono un professionista della musica e nemmeno mi piace l’eccessivo “presenzialismo”. Il tempo a mia disposizione mi consente uno spazio limitato, che dedico quasi interamente al Blog, altrimenti sarei ancora attivo su qualche rivista musicale.

  • Luciano Palermi ha detto:

    Piccola nota tecnica aggiuntiva: a dare il proprio contributo al sound di questo album è l’italianissimo Marco Sonzini, piacentino, stella nascente nell’universo delle sale di missaggio losangeline. C’è un po’ di Italia nel sound di Ozzy 😉

  • Alessandro Ariatti ha detto:

    Ciao Beppe. L’ultimo album di Ozzy è veramente eccellente, secondo me persino superiore ad Ordinary Man. Il team che lavora con/per lui sta dimostrando di essere perfetto per assecondare le sue migliori caratteristiche, infatti Patient contiene alcune canzoni, una su tutte Mr Darkness, che sono destinate a diventare dei classici. I rispettivi ospiti, lungi dallo spezzettare la narrativa del disco, suonano “per Ozzy” e non per loro. Non so come faccia, ma da studio canta esattamente come 40 anni fa. Ciao Maestro.

    • Beppe Riva ha detto:

      Ciao Alessandro, siamo un pò tutti colpiti dalla “seconda giovinezza” di Ozzy che ci regala anche ospiti super che sembrano motivati a lasciare il segno in “Patient N.9”.
      La voce del Nostro pienamente all’altezza della situazione. Grazie della tua conferma.

  • Baccio ha detto:

    Incrociamo le dita per Bologna maggio 2023, il biglietto ormai nella mia scrivania è ingiallito dal tempo!
    Ah no scusate: era giallo fin dal principio!
    Forza Ozzy, facci divertire ancora una volta!

  • Cristiano ha detto:

    Un nuovo album di inediti del madman è sempre un evento visto anche i personaggi che coinvolge, mi preoccupava anche il fatto che non era passato troppo tempo dal precedente,invece devo ricredermi e devo dire con sommo piacere che l’album mi è piaciuto l’ho sto ascoltando a ripetizione, condivido tutto quello che hai scritto beppe, ed essendo fan di vecchia data questo non può che farmi piacere, spero che la salute gli dia la possibilità di poter salire sul palco ormai ho perso il conto da quanti anni ho acquistato il biglietto per bologna.

    • Beppe Riva ha detto:

      Ciao Cristiano, mi sa che in molti attendono al varco di Bologna questo front-man per eccellenza. C’è poco da discutere: Ozzy è un personaggio che ha lasciato il segno negli annali del rock ed ogni sua manifestazione è tuttora seguita con interesse da un folto pubblico. I fans di vecchia data come te, giustamente ne vanno fieri. Grazie dell’intervento.

  • Egidio ha detto:

    Caro Beppe, aspettavo con ansia e curiosità, sul vostro amatissimo blog, il parere sul disco del nostro caro Ozzy. E, chissà perché, non avevo dubbi che la parola passasse proprio a te!
    Mi sono trovato d’accordo su ogni parola; anche se ancora è un disco che non ho fradicio in testa – per cui non ho ben fissato ogni passaggio di ogni brano – ho ben chiaro il succo del disco. Sono d’accordo, ad esempio, sul fatto che Immortal e Parasite siano i brani più deboli dell’intera prova… Parasite parte cazzuta, ma “scade” molto nel cambio di tempo del ritornello, a mio parere.
    Però No Escape per me risulta uno dei pezzi più forti del disco e anche a me ha piacevolmente rievocato Planet Caravan.
    Insomma, è un bel disco. Che secondo me non vuole neanche lontanamente fare a gara col passato glorioso, ma più semplicemente lasciare un bel segno per ciò che Ozzy è oggi. E per quanto ci sia un infinità di ospiti che (credo inevitabilmente) avrebbe potuto fare rischiare un risultato “dispersivo”, il disco suona incredibilmente Ozzy. E, credo, questo sia merito sì dei musicisti che hanno ben chiara la cifra stilistica sua; ma è certamente merito della grande capacità che Ozzy Osbourne ha, da sempre: creare delle linee vocali assolutamente uniche, che diventano uniche grazie al suo timbro ed alla sua pasta vocale unica, piaccia o meno.
    Io spero tanto che riesca a trovare la forza di fare il tour, nel 2023. Perché vorrei tanto riuscire a vederlo a maggio, per quel concerto che ha dovuto rinviare a causa dei suoi malanni.
    Grazie sempre per le tue bellissime recensioni.
    Egidio

    • Beppe Riva ha detto:

      Ciao Egidio, la tua analisi puntuale del personaggio Ozzy e del suo carisma, duraturo nel tempo, non si presta ad equivoci. Fa piacere la condivisione delle opinioni perché non è mai semplice esprimersi su artisti di grande notorietà e di cui tutti parlano. Si rischia di cadere in luoghi comuni o nella retorica. Cerchiamo sempre di esser credibili, con il dovuto impegno. Speriamo davvero di rivederlo dal vivo. Ti ringrazio.

  • Y ha detto:

    Ci sono ritorni e ritorni e quello di
    Ozzy è sicuramente speciale. Album veramente ben suonato, equilibrato che ci sta nella discografia di Madman. Certo, nulla di nuovo, ma emozioni a fiume. Sicuramente sono di parte e questo lavoro serviva. Grazie Beppe per l’ottima analisi e relativo articolo

    • Beppe Riva ha detto:

      Ciao Luca, i commenti finora raccolti sono positivi, e per dei fans di Ozzy, che con la sua “follia” riesce ancora a convincere, l’ascolto di “Patient N.9” è senz’altro gratificante. Un personaggio che miracolosamente ha attraversato decenni andando oltre le sue stesse problematiche. Grazie del parere.

  • Lorenzo ha detto:

    Buongiorno Beppe.
    Spinto dall’ascolto della title track, mi sono procurato il cd e devo dire che non mi ha deluso, al contrario del precedente Ordinary Man, che trovai fin troppo spompato.
    Nulla da aggiungere alla tua analisi dei pezzi, tutti più che dignitosi con alcune punte di eccellenza.
    Ovvio che non è possibile paragonare questo disco con la produzione più prestigiosa di Ozzy solista (che per quanto mi riguarda termina con Ozzmosis, per me il disco più bello), ma bisogna ammettere che è un ottimo compromesso.
    Quello che non mi ha entusiasmato troppo sono la produzione e i suoni, che come va – tristemente – di moda, sono troppo sbilanciati verso la cosiddetta loudness war.
    Come hai sottolineato, non è il caso di riflettere troppo in merito a quanto (ad oggi) Ozzy sia coinvolto o meno nelle scelte artistiche, io so solo che ho il biglietto per il concerto del maggio 2023 qui a Bologna, acquistato ormai 4 anni fa e continuamente rimandato, e spero ardentemente di poterlo rivedere live.

    • Beppe Riva ha detto:

      Lorenzo ciao, a mio avviso “Ordinary Man” era un buonissimo disco, ma non mi aspettavo il nuovo “Patient” così riuscito, anzi ero un pò prevenuto. Mi sembra un merito non da poco di tutti gli artefici, a partire dal titolare, la realizzazione di un album di questo livello in un’epoca depressa, sia a livello artistico che purtroppo di crisi internazionale. Come ho scritto a proposito di altri protagonisti, raggiungere i livelli “classici” della miglior produzione discografica sarebbe per chiunque un’impresa. Grazie

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