google-site-verification: google933a38d5a056903e.html
Canzoni del cuore

Il sottile filo rosso che lega Chris Cornell a Prince e Sinead O’Connor

Una canzone struggente per vite delicate.

Su come funzionavano le cose in quella rete televisiva musicale vi ho già fatto cenno. Il lunedì, risposto a una dozzina di telefonate, il gruppo di visione si riuniva per vedere i video arrivati. Niente salette insonorizzate, nessun comfort : un beta ed un ¾ (dipende dagli anni) impilati in una camerina dove stazionava l’archivista, tre seggioline… e spazio a chi fosse stato interessato a guardare con noi. Solitamente non più di tre. Per dovere di cronaca, alcune cose sarebbe stato inutile pure guardarle : su certi nomi c’erano accordi con i discografici, su altri c’era un nostro specifico interesse a crederci, di altri, tanti, avremmo fatto volentieri a meno…ma sapete perfettamente che l’Italia era ed è restato fino a oggi un paese di confine, di appoggio, il bellissimo paese degli spaghetti e del gelato, del cappuccino e del cibo mediterraneo, del caffè ristretto e del buon vino… ma quanto a musica eravamo da un punto di vista promozionale poco più di un segno su una lista da sottolineare : anche l’Italia è fatta. Questo almeno per certi artisti. Per altri, invece eravamo una medaglia da appuntare; eravamo un nome importante, ma solo per la soddisfazione di averci invaso di copie e video. Il mercato nostro contava poco o nulla, tranne i nomi che avrebbero venduto anche in Alaska.

Con i nuovi artisti, quindi, era tutto da costruire insieme. O ci credevi o mollavi l’osso. Poche volte ti conveniva per una sorta di tacito do ut des che faceva comodo a tutti… così quel giorno, mentre inserivamo il nastro nel lettore non avevamo quasi idea di chi fosse la tizia dal nome impronunciabile. Comprendo che per chi non abbia vissuto professionalmente dalla fine dei settanta all’inizio dei novanta sia difficile da immaginare, però vi garantisco che non esisteva la rete, Google poteva essere un suono onomatopeico e ottenere informazioni era difficile come trovare un fungo di dicembre : praticamente impossibile. Così ci piombavano addosso cose di cui sapevamo poco o nulla a meno che non si trattasse di una priorità assoluta discografica. In tal caso, certi capi ufficio promozione illuminati ti gratificavano persino di un disco, mentre altri se ne fregavano del tutto dicendoti : “E’ una priorità internazionale !”. E da lì in poi erano cazzi tuoi, sia che fosse un progetto comune, sia che non te ne fregasse una beata minchia.

Sinead O’Connor aveva già fatto il suo esordio tre anni prima, ma se ci erano voluti tre anni per dargli un seguito, evidentemente non tutto era andato secondo le previsioni… ma questo lo avremmo scoperto dopo. Il video era stato preceduto da una sequenza interminabile di telefonate di un amico della Emi che preannunciava una bomba. Il guaio è che con i responsabili promozione, tutto era una bomba… un po’ come certi recensori noti a tutti… ogni disco è un capolavoro.

Nessuna emozione nell’inserire la cassetta, dunque. Eppure, dopo solo pochi secondi, fummo bloccati davanti al visore : una ragazza pelata, con un viso perfetto, due occhi profondi, malinconici, perforanti, ti guardava fisso e cantava, fino a che una lacrima le scorreva sul viso. Cinque minuti e dieci secondi struggenti. Impossibile evitare il coinvolgimento, impossibile sorridere. Non capii tutta la vicenda nel suo cantato lì per lì, ma quello che comprendevo era una emozione fortissima. Il regista che aveva deciso di avere la cantante ferma in primo piano per quasi tutta la durata del video aveva avuto una illuminazione geniale e, a dire il vero, la ragazza stessa pareva coinvolta al punto che nessuno ebbe il coraggio di bloccare il video a metà. Pochi arrivavano fino a tre quarti, moltissimi si fermavano al primo quarto, una manciata arrivava fino in fondo.

Solo più tardi avrei avuto il resto di quella storia di amore abbandonato per intero, solo più tardi avrei scoperto che le era stato chiesto di essere il più realistica possibile e che lei aveva cantato pensando alla madre morta cinque anni prima, solo più tardi avrei scoperto che la canzone era una cover di un brano di Prince, solo più tardi avrei realizzato che l’intero album era praticamente inutile e che la sola Nothing Compares 2U sarebbe stata una delle canzoni più vendute di quel 1990.

Un breve inciso. La storia della O’ Connor che cantava la canzone pensando alla madre morta mi fece ricordare una storia di rock and roll poco nota : la stupenda versione di Maggot Brain, un lungo assolo di Eddie Hazel, struggente, affilato come un coltello, venne ispirato da George Clinton nel cui gruppo Eddie suonava, dopo che gli aveva portato la prima versione di quel brano… “suonalo come se fosse appena morta tua madre”, gli suggerì Clinton. Nacque così uno dei più amati solo di chitarra dei Funkadelic, rifatto da centinaia di chitarristi…ma torniamo a noi.

I video, per noi che avevamo la tv perennemente accesa e per me che dovevo controllare l’utilizzo che fosse in linea con le direttive che erano state date ai vari responsabili di programma, diventavano presto una visione insopportabile; eppure per parecchi giorni, ogni volta che quel video passava, mi fermavo a guardarlo. Quegli occhi, quella voce, quella storia erano crudamente coinvolgenti. Senz’altro una perfetta operazione di marketing, tanto di cappello a chi l’aveva programmata : Sinead… a proposito, la pronuncia mi sforzai di scoprire, era “Shin’eid”…sembrava un agnellino sacrificale, una donna sull’orlo di una crisi di nervi. E solo poco tempo dopo scoprii quanto ingestibile fosse il soggetto, al momento di acquistarne un concerto in diretta…che saltò a programmazione ai giornali per una delle tante bizze del soggetto.

Ma la storia, comune ad altre mille, di donna diventata sola, senza il suo amore, era dipinta con poche immagini così forti nella loro semplicità, che tanto di cappello andava fatto anche all’autore originale, l’altrettanto ingestibile Prince. E forse proprio le persone più difficilmente inquadrabili, più difficilmente prevedibili, sono forse le più sensibili, quelle che riescono con due parole, una immagine, a lacerarti il cuore. L’immagine finale del testo, devo ammettere che mi abbia rincorso per anni, quando toccò a me riflettere su certi errori fatti in passato.

Ma la storia non è tutta qui. Anni dopo, un cantante in possesso di una delle voci emergenti più lineari, potenti che mi era capitato di incontrare, ne propose la sua versione, rendendone, lui che era un rocker, una interpretazione emozionante. Chris Cornell era il leader dei Soundgarden, e in precedenza aveva messo insieme un gruppo chiamato Temple of the Dog per rendere omaggio a un amico di Seattle morto di overdose. Con gli anni avremmo tutti scoperto quanto l’eroina avesse poi avuto un ruolo trascendente per tutti i gruppi provenienti da quell’area e come avesse poi decimato le fila dei migliori. Venne creato un nome per definire la fioritura di musicisti e gruppi provenienti da Seattle, ma devo dire che l’ho sempre trovata una forzatura inutile. Il cosiddetto Grunge, per me, non era altro che un hard rock con venature che non potevano non rendere omaggio al Dio che un tempo era nato proprio lì, Jimi Hendrix. Molto solisti ne ricordavano il suono nei loro dischi e molte composizioni erano chiaramente orientate ai settanta, ecco perché trovavo la nuova etichetta utile solo al marketing. Temple of The Dog, poi, era per me, insieme all’esordio dei Pearl Jam, un disco che avrebbe tranquillamente potuto essere stato registrato all’inizio dei settanta, per profumo e suoni; dischi che ho sempre trovato bellissimi, insieme a molti prodotti di quell’inizio dei novanta; una ondata di prodotti belli, ben composti, alcune delle poche cose da salvare di quel decennio, a mio parere.

Ma mentre in altri personaggi del medesimo ceppo, emergeva distintamente un’aura autodistruttiva, sostanzialmente destinata alla perdizione consapevole, in Cornell avevo sempre visto, chissà perché la maledizione di chi avrebbe voluto fortemente vivere ma proprio sentiva troppo forte il peso di quella vita che, difatti scelse di troncare. Lui, che aveva tutto : fama, denaro, bellezza, arte e mezzi proprio non ce la faceva più. Non esiste mai in questi casi una motivazione al perché, né esiste possibilità di ripensamento; esiste solo il dolore e le domande senza risposta di chi resta.

Ecco perché non credo, anzi sono convinto, che la scelta di interpretare quella canzone, sia stato un grido, un segnale che superficialmente nessuno abbia saputo captare, tanto lontana dalle sue corde pareva essere quel canto. Lo so che scoprire tracce del dolore umano è sempre facile dopo, a danno commesso, ma se da un’altra galassia, da un altro paese, qualcuno realizzava un sentimento strisciante avvolgere un uomo di una tristezza infinita, credo che chi stava a lui vicino avrebbe dovuto capire.

Ma ognuno di noi è sempre troppo preso dalla stupida quotidianità delle cose inutili per accorgersi che basta un tonfo, un grilletto premuto, per darci “il” segnale che eravamo troppo distratti per afferrare. John Lennon, uno che a mio vedere era fin troppo materialista per parere sensibile, disse un giorno che … “Life is what happens while we are busy making other plans”. Ecco, forse dovremmo pensarci, ogni tanto, quando siamo presi dai nostri piani mentre la vita ci scappa da sotto il sedere.

La Nothing Compares To You di Cornell è per questo ancor più tagliente, cruda, reale, di quella scelta a tavolino dalla O’Connor, pur splendida, e per questo, tragicamente vera e non casuale.

NOTHING COMPARES 2 U - Testo originale

It’s been seven hours and fifteen days

Since you took your love away

I go out every night and sleep all day

Since you took your love away

Since you’ve been gone I could do whatever I want

I can see whomever I choose

I can eat my dinner in a fancy restaurant

But Nothing I said nothing can take away this blues

‘Cause nothing compares

Nothing compares to you

It’s been so lonely without you here

Like a bird without a song

Nothing can stop these lonely tears from falling

Tell me baby , where did I go wrong ?

I could put my arms around every boy I see

But they’d only remind me of you

I went to the doctor and guess what he told me ?

Guess what he told me ?

Girl you better try to have fun

No matter what you do, but he’s a fool

‘Cause nothing compares, nothing compares to you

All the flowers that you planted mama

In the backyard

All died when you went away

I know that living with you baby was sometimes hard

But I’m willing to give it another try

‘Cause nothing compares,

Nothing compares to you

Sono sette ore e quindici giorni

Da quando hai portato via il tuo amore

Esco tutte le sere e dormo tutto il giorno

Da quando hai portato via il tuo amore

Da quando te ne sei andato potrei fare ciò che voglio
Posso vedere chiunque scelga

Posso cenare in un ristorante di lusso

Ma nulla dico nulla può allontanare questa tristezza

Perché niente è paragonabile a te

E’ così vuoto qui senza te

Come un uccello che non canta

Niente può fermare queste lacrime di solitudine

Dimmi amore, dove ho sbagliato ?

Posso abbracciare qualunque ragazzo io veda

Ma mi ricorderebbero soltanto te

Sono andata da un dottore e indovina cosa mi ha detto

Indovina che mi ha detto

Ragazza dovresti divertirti

Non importa come, ma è un pazzo

Perché nulla è paragonabile a te

Tutti i fiori che avevi piantato, amore

Nel giardino dietro casa

Sono tutti morti quando te ne sei andato

Lo so che vivere con te era a volte duro

Ma vorrei darci un’altra possibilità

Perché niente è paragonabile a te

2 Commenti

  • ENRICO LEONARDELLI ha detto:

    Grande Giancarlo, mi hai fatto rivivere pensieri suoni emozioni di quegli anni.
    La versione della canzone di Chris è pazzesca !!!!!
    Mi piacerebbe molto sapere il nome del discografico ( basterebbe anche un soprannome ) che telefonò anticipando “una bomba”.
    Aspettero’ altre storie musicali abilmente scritte e descritte da te.
    Buona giornata

    • Giancarlo Trombetti ha detto:

      Enrico, amico mio…tu, da ex discografico, non dovresti avere troppe incertezze nell’individuarlo… 😉

Lascia un commento