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C'era una volta HARD & HEAVY

L’Heavy Metal su Rockerilla:
Iron Maiden-Judas Priest-Manowar

Di 14 Maggio 202049 Commenti

Ritorno alle origini

Qualcuno sostiene che il Blog è la palestra ideale per rievocare esperienze vissute in nome del rock; altri ritengono che ci sia interesse verso i miei scritti del passato (remoto…).
Pur non essendo avvezzo a raccontare fatti personali, raccolgo l’invito e cerco di combinare le due opzioni, risalendo al primo contatto con la carta stampata, ed estendendolo a quanto venne di conseguenza.
Un giorno, nel lontano 1978, ricevetti una lettera da un mensile con sede in Cairo Montenotte, provincia di Savona, che si presentava con un nome piacevolmente “contraffatto” dall’album di Graham Parker & The Rumour, “Parkerilla”, uscito proprio quell’anno.
Rockerilla era una rivista che cercava collaboratori per trattare “nuove tendenze” (punk e new wave) e generi musicali trascurati dalla stampa specializzata italiana. Mi avevano contattato perché tempo addietro, il diffusissimo settimanale Ciao 2001 aveva indetto un concorso fra i lettori; chi avrebbe voluto cimentarsi, doveva inviare una sua recensione a scelta. Quelle selezionate per la pubblicazione sarebbero valse all’autore un LP in omaggio.
Partecipai scrivendo di “Tyranny And Mutation” dei Blue Oyster Cult, e mi andò bene…il breve elaborato apparve su Ciao 2001 nel giugno 1975, in copertina c’erano i Chicago. Mi inviarono regolarmente anche la vincita a sorpresa, ossia l’album di Phil Manzanera, “Diamond Head”.
Avevo acquistato tutti i precedenti 33 giri dei Roxy Music, quindi fui contento di ricevere l’esordio “solo” del loro chitarrista.

C’era anche l’indirizzo oltre al nominativo di chi aveva recensito, altrimenti non mi sarebbe mai pervenuta la proposta di Rockerilla. Sarò sempre grato al suo direttore “storico” Beppe Badino (grande esperto di rock inglese, dalla psichedelia alla new wave) che mi diede fiducia, altrimenti mi sarei esercitato ancora per poco tempo su una vecchia agenda, adattata allo scopo. Invece vennero subito pubblicati miei scritti su Van Halen, Dead Boys e The Godz, l’incomparabile banda di ruvidi bikers americani.
La “nuova onda” punk della seconda metà dei 70 mi interessava, ma ero da sempre un fervente ammiratore di musica heavy e di progressive.
All’epoca però, di prog meglio non parlarne, tutti i suoi esponenti erano diventati abominevoli “dinosauri”…Per fortuna corsi e ricorsi del rock si alternavano ciclicamente, e la futura generazione guidata dai Marillion avrebbe rimesso le cose a posto, qualche anno dopo.
Per consolidare il buon rapporto instaurato, andai nella cittadina ligure per conoscere Badino ed il suo braccio destro Sandro Priarone. Parlammo a lungo delle rispettive vedute musicali; al ritorno scrissi un esteso “Report” Heavy Metal che occupò ben due pagine del formato da quotidiano (preferivo dire: formato Melody Maker…) di Rockerilla.

L’articolo inneggiava alla “chanson de geste” del suono distorto e superamplificato, come il metallo era inteso all’epoca – attenzione, si parla di oltre quarant’anni fa! – con una serie di schede che manifestavano passione viscerale per Starz, Legs Diamond e Rex, oltre a Motorhead, Judas Priest, AC/DC, ancora poco celebrati dalle nostre parti.
Si era dunque aperto più di uno spiraglio per spaziare in questo genere musicale e già nel 1979 era lecito insistere, poiché i redattori, fra i quali Claudio Sorge (futuro responsabile di “Rumore”), erano molto aggiornati sui nuovi fermenti che agitavano lo scenario musicale.
Si dà il caso che stesse dilagando la NWOBHM (New Wave Of British Heavy Metal), descritta da Sounds come un fresco, giovanile crossover fra le strutture altisonanti del classico rock duro e l’urgenza ritmica del punk.
Investendo i miei denari nei 45 giri dei gruppi emergenti, inviati per posta dagli inglesi della Bullet (quanti rammentano Mythra, Tora Tora, Sacred Alien o Geddes Axe?) ebbi buon gioco nel convincere la redazione a stabilire una rubrica fissa specializzata in Hard’n’Heavy, di almeno due pagine.
Così Rockerilla divenne un punto di riferimento per gli appassionati italiani, prima della nascita delle riviste di settore.

Ben presto ci rendemmo conto della necessità di acquisire nuovi collaboratori, in grado di dar man forte all’isolato scrivente. Prima di ogni altro Giancarlo Trombetti, con il quale condivido il Blog: mi venne presentato a Marina di Carrara da Mario Rivera (che tuttora dirige Rockerilla) insieme all’amico fotografo, Luca Silvestri. In seguito se ne aggregarono altri…fra i più validi ed attivi l’amico Tiziano Bergonzi; il fotografo Piergiorgio Brunelli, sempre in prima linea ai concerti in Inghilterra, diede una grossa mano per le interviste. Gli subentrerà Paolo Cossali, inoltre ricordo Adriano Bosone come il primo specialista black metal nelle nostre lande.
Grazie al loro contributo lo spazio H’n’H levitò su Rockerilla fino alle dieci pagine della seconda metà del decennio.
Tornando al 1980 e agli albori della stampa tricolore di “fede” metallica, infondere linfa vitale in battaglie dattiloscritte farcite di termini roboanti sarebbe servito a ben poco, se gli artisti non avessero realizzato album leggendari, degni di esser tramandati alla storia.
Ricordo inizialmente una trilogia di LP che fecero breccia nel cuore degli headbangers italici, sostenendo la nostra crociata a favore del rock duro; di seguito riportiamo le recensioni originali, con i loro pregi e difetti, introdotte da commenti attuali, dopo tutti questi anni…

Judas Priest: "Unleashed In The East" (1979)

La prima scintilla scaturì dalla recensione di un gruppo non certo appartenente alla nouvelle vague del metallo, ma alla generazione che fece seguito ai loro concittadini e precursori Black Sabbath. I Judas Priest erano già tirannici esponenti dell’heavy rock incline al doom, sulla scia di cinque album fra cui spiccavano “Sad Wings Of Destiny” e “Stained Class”.
“Unleashed In The East”, non solo si ergeva a seconda pietra miliare fra i Live del Sol Levante, dopo il colossale “Made In Japan”, ma anticipava brutalmente le tattiche d’aggressione della NWOBHM. Il nuovo produttore Tom Allom, con l’assistenza di Neil Kernon (altro nome futuribile di punta) forgiava per il gruppo di Birmingham il suono a “lama di rasoio” destinato ad identificarne il marchio di fabbrica: un prototipo metal difficilmente superabile in termini di pesantezza espressiva ed incalzante dinamica. Vogliamo aggiungere che le manipolazioni dei nastri suscitarono qualche contrarietà e la nomea di “Unleashed In The Studio”? A posteriori, resta un caposaldo in ogni discografia del suo genere.

Quando uscì il 33 giri, mettersi in ascolto significava sentirsi accerchiato dalla sua cortina di fuoco…Da parte mia, il linguaggio per descriverlo era inevitabilmente sinistro, ispirato alle letture dei “racconti del soprannaturale” di Poe e Lovecraft, i miei autori preferiti, e dalla vecchia passione per i film horror.
Tutto ciò fece effetto sui lettori, ed era un’interpretazione fedele a classici titoli del repertorio dei Priest, da “The Ripper” a “Beyond The Realms Of Death”.
L’unico stralcio di cui recito il mea culpa, è l’irriguardoso aggettivo (“soporifera”) riservato a Joan Baez, l’autrice di “Diamonds And Rust”, che i Priest rilanciavano con successo a ritmo galoppante. Proprio di questo brano, Giancarlo ha parlato diffusamente sul Blog.
Archiviato “UITE”, Judas Priest regaleranno alla causa del rinascimento metal la premiata acciaieria “British Steel” (1980).
Qualche anno dopo, il cantante Rob Halford sarà immortalato sul retro-copertina di Rockerilla, grazie ad un magistrale scatto fotografico di Brunelli (n.59/60, luglio-agosto 1985).

Iron Maiden: "Iron Maiden" (1980)

Sicuramente fra le nuove leve, chi ha fatto divampare istantanea eccitazione sono stati gli Iron Maiden, predestinati al titolo di più importante formazione heavy metal inglese degli anni ’80.
I rivali Def Leppard sono giunti ai vertici delle classifiche di Billboard, modificando il loro stile in termini argutamente accessibili, ma nessuno può vantare il livello di integrità puramente metallica dei Maiden ed uno standard di successo costante nel tempo ed altrettanto elevato. Anche in Italia divennero subito i più ammirati condottieri della NWOBHM, favoriti dagli show di supporto ai Kiss, replicati in tempi brevi come attrazione principale.
Fuor di dubbio che nelle nostre lande, Rockerilla anticipò chiunque altro nel promuoverli. I Maiden vennero rappresentati in copertina del n.6 (luglio 1980) con i Clash ed altri, ma già nel n.14 (maggio 1981) per la prima volta la copertina era tutta loro, ritraendo il vocalist Paul Di Anno, in concerto a Torino, epoca “Killers”.

Sarebbe capitato raramente ad un gruppo di rock duro, ma la redazione lo decise nonostante l’accesa rivalità fra fans di questo genere e della new wave.
In merito all’omonimo, epocale album d’esordio, la recensione si rifaceva tipicamente a suggestioni di terrore gotico; non occorreva essere visionari per istigarle, basta osservare le foto promozionali dei musicisti davanti alla ghigliottina, e l’orripilante mascotte Eddie sulla copertina, perenne icona disegnata da Derek Riggs.
“Iron Maiden” è tuttora il santuario che racchiude alcuni dei simulacri più preziosi dell’Opera dove si aggirava il loro sinistro “fantasma”. La produzione non era però quella vagheggiata dalla band; infatti, l’incarico di studiare una formula di superiore impatto spetterà nel successivo “Killers” a Martin Birch, ingegnere del suono consacrato da “Deep Purple In Rock”. Il produttore del primo Maiden era invece un sofisticato, genialoide artista, Will Malone, protagonista (con Bobak e Jons) di “Motherlight” e di un “solo” omonimo fra il 1969 ed il ’70: dischi cult, magistralmente intrisi nella psichedelia…che non era ovviamente l’infuso di tè prelibato dagli Iron Maiden.

Manowar: "Battle Hymns" (1982)

Quando heavy metal era mitologia, non ideologia, evocazione fantasy di leggende antiche, nessuno come i Manowar ne ha condensato lo spirito ai massimi livelli di eroica apoteosi.
Questo stile ha trovato la sua immediata estrinsecazione nell’opera prima dell’armata di immortali newyorkesi, “Battle Hyms”, ed il brano così intitolato rimane quanto di più epico si possa ascoltare (con accenti morriconiani!) nel rock a volume massimo.
Gli inglesi avevano rilanciato il genere ed Oltreoceano, giungeva inesorabile la risposta di Cirith Ungol, Warlord e Virgin Steele, ma indubbiamente il gruppo del bassista Joey DeMaio e dell’ex chitarrista dei Dictators, Ross The Boss, è stato il più rappresentativo e carismatico. Inscenarono addirittura una battaglia privata contro tutto ciò che consideravano “false metal”, con evidente dose di arroganza, ma sciorinando una strabiliante varietà compositiva, largamente superiore alla media.

In Italia, la loro controversa immagine da guerrieri barbari fu adottata senza reticenze dai fans, ed i Manowar divennero famosi prima che in paesi più rilevanti per il mercato discografico. Su Rockerilla cercai di imporli a colpi di “album del mese”, proprio a partire dall’esordio di “Battle Hymns”, definito iperbolicamente Monster Of Power…Un inglesismo opinabile, come la prassi di “etichettare” generi e sotto-generi musicali, che però aveva un senso: la rivista circolava parecchio all’estero, e certa terminologia riusciva a rendere l’idea di ciò che stavamo trattando, per tutti coloro che non comprendevano la lingua italiana.
In qualche modo, piaccia o meno, i Manowar divennero la “HM band per antonomasia di Rockerilla”. Uscito il secondo, imperioso “Into Glory Ride”, spingevo perché fossero effigiati in copertina, ma non era scontato che vi apparissero emuli di Conan, trattandosi di rivista dall’approccio modernista. Invece si realizzò sul n.38 dell’ottobre 1983. Venne a loro dedicata anche sul n.2 dell’edizione speciale Hard’n’Heavy (1987), testamento spirituale di noi cultori del rock duro, in procinto di migrare da Rockerilla a Metal Shock.
Incontestabilmente, per chi ha scritto negli anni ’80 su tali testate, i Manowar hanno caratterizzato quell’epoca!

49 Commenti

  • Alessandro Ariatti ha detto:

    Concordo con quanto espresso da Fabio sui Manowar. Aggiungo che anche il tanto bistrattato Fighting The World, scaletta sbilanciata a parte, non lo reputo di molto inferiore a Kings Of Metal. Riguardo al mio disco preferito, forse opterei per Hail To England di un pelo su Into Glory Ride. Ciao Beppe.

    • Beppe Riva ha detto:

      Ciao Alessandro, giudizi e preferenze soggettivi, ma si parla di dischi di indubbio livello. All’epoca “FTW” non era bistrattato, in seguito non saprei…

      • Alessandro Ariatti ha detto:

        Certamente non da voi di MS, ricordo che lo mettesti disco del mese e che ascoltai Violence And Bloodshed ad una trasmissione radiofonica RAI (si intitolava Orgasmatron o sbaglio?). Non ricordo però se in quella puntata eri tu il presentatore oppure qualcun altro…

        • Beppe Riva ha detto:

          Si Alessandro, “FTW” fu disco del mese, se ben ricordo, su Metal Shock n.1. Non ricordo invece quella trasmissione radiofonica Rai che citi. Partecipai ad una serie, ma non si trattava di “Orgasmatron”. Ciao

          • Alessandro Ariatti ha detto:

            sempre in quella puntata misero anche The Spanish Archer dei Deep Purple, tratta da House Of Blue Light: non ricordo chi la conducesse, forse era Giancarlo…

  • Fabio Zampolini ha detto:

    Buongiorno Beppe, a proposito dei Manowar, visto che le tue recensioni su Rockerilla erano simili ad una Magna Carta, posso chiederti come valuti la loro discografia? Io credo che il meglio sia racchiuso tra i primi quattro LP e ‘Kings of metal’ sia un po’ un ripercorrere le prime quattro prove appunto, ma non aggiunsero più nulla. Da lì in poi solo tanto ‘mestiere’. Tu cosa ne pensi? Il mio preferito rimane comunque Into glory ride. Ciao e grazie

    • Beppe Riva ha detto:

      Fabio, ti rispondo che condivido le tue conclusioni. Non sempre sono d’accordo con i lettori, e forse qualcuno ci rimane un po’ male, ma cerco di essere realista. Kings of Metal è forse l’album della maturità dei Manowar, molti brani avvincenti sono sparsi nei precedenti. Poi effettivamente hanno standardizzato la loro formula. Restano ovviamente una pietra miliare dell’epic metal. Ciao

  • Fabio Zampolini ha detto:

    Bel Amarcord anche questo ho ancora le copie di Rockerilla ci mancherebbe! Con tutti i vinili annessi. Ho anche una versione antologica di Metal Schock ’89 dove c’era proprio una mirabile introduzione di Giancarlo a titolo ‘la febbre del vinile’ . Che nostalgia! . Beppe, posso chiederti cosa ne pensi di un album controverso come ‘Turbo’ dei Judas ad anni di distanza, furono dei victim of changes come da tua recensione? Per me in quel disco si, tutti erano glamour persino i Celtic Frost! E il glamour bisogna lasciarlo fare a chi sa farlo, tipo i Ratt

    • Beppe Riva ha detto:

      Vero, quel numero speciale di Metal Shock era una raccolta di tutte le recensioni apparse sulla rivista nel 1989. Peccato che l’idea non sia stata (per quanto ne so) replicata. Riguardo ai Judas Priest di “Turbo”, ora non ricordo perché la usai, ma quella citazione di “Victim Of Changes” giocava ovviamente sul titolo del loro classico. Però non ho affatto un ricordo negativo di “Turbo”. Al di là dell’immagine “modaiola” delle divise, più che tendere al glam mi pare che il gruppo cercasse di sperimentare nuove sonorità, con esiti che hanno un pò sconcertato i loro fedelissimi, ma non privi di attrattiva. Sicuramente l’esperimento di “Painkiller”, orientato verso il metal moderno degli anni 90, é risultato più consono allo stile degli “altri” maestri di Birmingham. Ciao

  • Carmelo Altomare ha detto:

    Quando iniziai a leggere le recensioni della rubrica hard ‘n ‘ heavy mi resi subito conto che erano tutt’altra cosa rispetto a quelle delle altre riviste dell’epoca. Sembravano paragrafi di un libro di fantasy in cui si narrava di grandiose musiche immaginarie. Invece per fortuna i dischi erano reali. Lo stupefacente connubio Lovecrafat Heavy Metal rimane un’idea grandiosa impossibile da concepire per qualunque ascoltatore di musica escludendo ovviamente il Maestro. I risultati furono eccezionali davvero delle bellissime letture che io alternavo con vari albi della saga di Tex Willer come ad esempio I figli della notte, Sierra Encantada , Il drago rosso giusto per citare i primi tre che mi vengono in mente. Un caro saluto da Carmelo.

    • Beppe Riva ha detto:

      Carmelo, riuscire ad interessare un buon numero di lettori per me é un traguardo già significativo, essere accostato ad uno scrittore del calibro di HP Lovecraft o ad una leggenda del fumetto come Tex Willer é francamente un pò troppo! Ciaooo

  • Nicola ha detto:

    Ciao Beppe, è fantastico ritrovarti su questo blog, le tue recensioni hanno sempre guidato i miei acquisti musicali…ricordo ancora i pomeriggi passati con Beppe Badino e Silvano dei Vanexa nel loro negozio di dischi a Savona a discutere dell’ultima recensione di Beppe Riva e a farmi raccontare aneddoti sulla nascita di Rockerilla di cui ovviamente posseggo tutti i numeri dall’inizio…sei il più competente giornalista musicale italiano, le tue recensioni e i tuoi articoli hanno fatto storia, un vero caposcuola. Sono davvero felice di averti ritrovato e ti auguro il meglio…un abbraccio.
    Nicola

    • Beppe Riva ha detto:

      Nicola, non posso che sentirmi davvero lusingato per la tua considerazione tanto elevata nei miei confronti. I giudizi spettano a voi che leggete, ma qualcosa aggiungo a mia volta; quei tempi sono stati davvero “eroici”, anche se guardando ora le riviste dell’epoca appaiono graficamente primitive e quant’altro. C’è anche chi ironizza a riguardo, ma ormai è costume diffuso denigrare superficialmente. Per quanto riguarda Badino, è da anni che non lo sento, ma posso dirti che è stato un personaggio fondamentale nella storia del giornalismo musicale italiano per la fondazione di Rockerilla e per la sua cultura rock (in particolare: psichedelia, progressive e new wave). E’ stato e probabilmente é ancora un grande collezionista. Se non mi avesse contattato nel 1979 e senza la sua fiducia iniziale, non so se avrei potuto realizzare ciò che a voi lettori è piaciuto e molto, per mia fortuna. Silvano è stato con i Vanexa pioniere della scena metal tricolore, chapeau. Grazie tante per la stima espressa, ciao.

  • Ale ha detto:

    Ho scoperto il vostro blog per caso grazie ad una segnalazione su un forum, e non credevo ai miei occhi: il Riva e il Trombetti di nuovo in circolazione! Voi due siete i principali responsabili della mia formazione musicale di quegli anni, ricordo ancora di essere letteralmente corso a cercare i dischi dei Queensryche e dei Metal Church dopo aver letto le recensioni di Beppe. È bello ritrovarvi, davvero.

    • Beppe Riva ha detto:

      Ciao Ale, se hai scoperto il Blog da poco puoi recuperare il “tempo perduto” (si fa per dire, naturalmente!) e leggerti un po’ di arretrati. Speriamo ti possano piacere come gli scritti di decenni fa! Grazie

  • Nicola ha detto:

    Bellissima sorpresa! Non sapevo di questo blog, trovato ora un articolo su Bob Kulick che diceva essere scritto da Beppe Riva, pratticamente il mio guru hard’n’heavy… Ascoltavo assiduamente i tuoi programmi radio e, ovviamente, ti leggevo sempre, una volta grazie a un amico in comune, Stefano, ti ho conosciuto e stretto la mano nel negozio di dischi dove lavoravo a Firenze!!! ovvio leggevo sempre anche Trombetti un altro grandissimo…

    • Beppe Riva ha detto:

      Ciao Nicola, questo Blog esiste dal 29 aprile, quindi speriamo sempre di acquisire lettori (fra i quali ovviamente chi ci seguiva in passato) strada facendo. Siamo fiduciosi e cerchiamo di fare del nostro meglio. Si, sono stato in varie occasioni nei negozi di dischi di Firenze, anche con l’amico Stefano. Spero che continuerai a leggere: a cominciare dall’articolo su Kulick. Grazie!

  • Luca ha detto:

    Ho tutti i n. di Rockrilla dalla sua nascita e le varie derivazioni. Considero Beppe un faro e Giancarlo un Maestro di penna. Nei commenti leggo anche la partecipazione di illustri personaggi e collezionisti del metal che fu. Un grande ritorno insperato ed emozionante. Non mi sembra vero. Avete contribuito alla mia formazione musicale in maniera forte, e come Beppe odio il termine “percorso” come a volte storcevo il naso per il suo ripetuto uso del termine “ossianico”. La Nwobhm la ascolto tutt’ora e resta per me uno dei momenti più alti del rock in generale. Irripetibile per forza e stato delle cose. Sono dei Vostri. Luca “Blacknero Ltd”

    • Beppe Riva ha detto:

      Ciao Luca, non stento a credere che il nostro ritorno fosse insperato, è trascorsa un’eternità. Se ci tornano a seguire “illustri personaggi” non può che farci piacere. Accetto ovviamente eventuali critiche, ma il termine “ossianico”, che deriva dal cantore bardo Ossian ed illustra musica dalle ambientazioni cupe e mitologiche, secondo me resta di spessore culturale, rispetto a tanti altri. Grazie e…resta con noi, se ti va.

  • francesco angius ha detto:

    Gentile Beppe
    ho da poco scoperto il blog e lo sto assaporando e apprezzando molto.
    E’ una piacere leggerla di nuovo poichè lei ha rappresentato per quelli della mia generazione un punto di riferimento musicale fondamentale e ci ha educato a comprendere ciò che sentivamo, ma anche quello che c’era dietro e nella società di quegli anni.
    Non dimentichi mai questo e la lascio con il piacere di ritrovarla ancora tante volte e influenzare ancora molti giovani (come aime’) lo eravamo noi.
    Francesco

    • Beppe Riva ha detto:

      Ciao Francesco, innanzitutto non darmi del “Lei” perché, pur apprezzando la tua educazione, in questa sede evitiamo fra noi tutti le formalità. Le tue parole sono davvero lusinghiere, non so se ho facoltà di “educare” qualcuno, ma hai espresso un concetto davvero interessante. Penso che non sia facile da questa cattedra (ah…ah…) influenzare dei giovani, che certamente seguono tutt’altro; comunque se qualche ragazzo di buona volontà ha voglia di leggerci, è il benvenuto. A breve pubblicherò qualcosa che spero/penso possa rientrare nella tua sfera d’interesse. Quindi, seguici e grazie…a te e a coloro che hanno mostrato di credere ancora in noi.

  • Roberto ha detto:

    Che bello tornare a leggere gli scritti di due colonne portanti del giornalismo musicale italiano che negli anni che furono sono stati capaci come pochi di raccontare le vicende di un genere che tanti hanno trattato con la prosopopea di sapere quello che è buono e giusto e, nel caso del Metal tacciarlo di superficialità e ridicolizzarlo in ogni occasione.
    La capacità di Beppe specialmente è stata di coinvolgere i fruitori di tal musica a livello emozionale in una maniera che non ho mai trovato in nessun sedicente esperto giornalista recensore, la capacità di trasmettere l’entusiasmo, la dinamica della dialettica ed i colori usati per descrivere le sensazioni che una forma d’arte come la musica nonché la competenza culturale a livello storico e stilistico rimane tuttora ineguagliata.
    I ricordi che affiorano leggendo il vostro blog riportano ad un epoca ahimè ormai lontana di tempi, per lo meno musicali, migliori di oggi ed immergersi nella lettura è sempre un piacere… Fa capire che una passione quando è profonda non vi è possibilità che possa estinguersi… Ora come allora.

    • Beppe Riva ha detto:

      Roberto, mi fai pensare alla pubblicità delle gare di MotoGP su Sky, che secondo loro “trasmettono emozioni”. Vorrei fare una battuta sulla constatazione che vince quasi sempre Marquez, il che non è poi tanto emozionante, invece ti devo solo esser grato per quanto mi dici. Che i vecchi tempi nella musica (e non solo) fossero migliori di adesso, non ho dubbi, visto il pattume che emerge da tanti “nuovi percorsi musicali”. A proposito, vorrei evitare drasticamente negli scritti il termine PERCORSO (anche se si può errare, è umano), perché nei Talent televisivi lo ripetono tante di quelle volte che non lo sopporto più…davvero! Ciao

  • Stefano Mandrioli ha detto:

    Carissimo Beppe (e, naturalmente Giancarlo) non puoi immaginare l’emozione e la commozione quando ho visto questo blog con voi. Ho 54 anni e ho, come tanti, percorso i sentieri hard & heavy con voi. Mi avete allevato e cresciuto nell’amore di questa musica, sviluppando anche un senso critico che mai mi ha abbandonato e non c’è gioia più vera che avere fatto conoscere e amare l’heavy metal e l’hard rock anche a mia figlia al punto che insieme non ci perdiamo un concerto. Avete una grande responsabilità …
    Conservo ancora tutte le riviste con le vostre firme e mai le venderò o getterò.
    Grazie di cuore e bentornati!!

    • Giancarlo Trombetti ha detto:

      Ciao Stefano, sono sicuro che anche Beppe vorrà ringraziarti. Io lo anticipo di poco. La responsabilità mi preoccupa 🙂 in fondo si tratta sempre di opinioni o di vedute di un oggetto che, comunque, amiamo tutti moltissimo, la buona musica. Continua a seguirci, se ti va, grazie.

    • Beppe Riva ha detto:

      Ciao…La responsabilità bisogna avvertirla e crea pure tensione. Non avremmo immaginato che quanto scritto tanti anni fa con giovanile euforia ed incoscienza sarebbe rimasto, soppesato, nel tempo. Ovviamente, anche da professori e detrattori. Non è un caso che per “inaugurare” questo Blog abbiamo impiegato circa un anno. Durerà? Come dice l’immortale Tex Willer, “Quien Sabe”? Intanto i vostri commenti sono un tonico per questo tandem di attempati. Ah,ah…Grazie Stefano

  • Marcello Rota ha detto:

    Arrivo anch’io …… a dare il mio modesto parere su questa nuova avventura giornalistica di Beppe Riva e Giancarlo Trombetti, che trovo molto interessante e curata (non che avessi dubbi ….). Mi piace leggere di chi ha vissuto la nascita e la crescita di generi musicali che ora fanno parte della mia vita, non riproponendo solamente gli articoli e le recensioni scritte in passato, ma commentandole a distanza di anni, da testimoni della crescita e dello sviluppo di una frangia della musica rock, ottima poi la scelta di inserire video per documentare gli scritti, uno stimolo in più, anche e soprattutto per i più giovani o i curiosi che visitano il blog, e spero ce ne siano. Per ora ho letto solamente “l’HM su Rockerilla” e “Musica e ego: la teoria dei supergruppi”, sull’articolo di Beppe Riva devo dire che è molto divertente leggere in che modo descriveva il suono dei gruppi, con espressioni ad effetto e con lungimiranza riguardo al futuro successo degli stessi, per quanto riguarda Trombetti, un plauso per aver ridato visibilità ai Traffic, un gruppo di cui, secondo me, si parla troppo poco, certo sono lontani dall’hard & heavy, ma se vi piace il rock a 360° sono veramente da (ri)scoprire.

    • Beppe Riva ha detto:

      Ciao Marcello, grazie di considerarci “testimoni della crescita e dello sviluppo di una frangia della musica rock”; quello che si è pensato di proporre è anche la rivisitazione di un’epoca musicale vissuta in diretta. I video, scelti opportunamente, servono a dare un immediato riscontro “parallelo” a quanto scritto. Per quanto riguarda i Traffic, ovviamente chiami in causa Giancarlo, ma lasciami dire che sono un loro grande estimatore; per me “John Barleycorn Must Die” è un album indispensabile. A risentirci

  • Alfredo ha detto:

    Grazie per aver condiviso di nuovo le recensioni, “Battle Hymns” per me resta la Recensione e ancora oggi la declamo quasi tutta a memoria parola per parola.
    Continuate così, grazie.

    • Beppe Riva ha detto:

      Il tuo commento è la conferma del rapido e memorabile impatto esercitato dai Manowar sugli HM fans italiani. Tante grazie per le tue parole, Alfredo.

  • LucaTex ha detto:

    Un tuffo nel passato su pagine dove usuravo articoli e recensioni in un periodo dove regnava il nulla a livello stampa musicale italiana! cavoli ricordo che annotavo ogni nuova band su un quaderno scolastico sgualcito con l’intenzione di ascoltare al più presto ciò che veniva descritto. Grazie Beppe per averci formato in quegli anni carbonari 😉

    • Beppe Riva ha detto:

      Ehilà Tex…si poteva ragionevolmente considerare che dopo decenni e fiumi di carta stampata nessuno o quasi ricordasse queste pagine di inizio anni 80, invece la traccia è rimasta. La scelta di riproporle non era così semplice, ma va bene così. Doverosamente, tante grazie a chi ha apprezzato.

  • Gianluca CKM Covri ha detto:

    Accodandomi agli ovvi complimenti…..ma tanto sono da fare ad ogni nuovo articolo….ricordo ancora, imberbe 17enne, andare casualmente in edicola ed imbattermi in una rivista che si chiama hard n heavy……cosa? Davvero? Ma nel mio paese? Bene, avidamente lo lessi. Poi arrivò Ozzy…….ed ancora Ozzy. E che dire? Grazie per la competente compagnia che mi avete fatto, e grazie per tutti i gruppi che mi avete fatto scoprire, cosa altrimenti difficile nei piccoli paesi e con pochissimi metallari nei paraggi.

    • Beppe Riva ha detto:

      Ciao Gianluca, parli di tempi in cui reperire informazioni era tutt’altro che immediato come oggi. Forse anche per questo i meno giovani ricordano ciò che scrivevano gli autori di questo Blog. Grazie

  • Enrico " Prince" Fortuna ha detto:

    Ciao Beppe, leggendo articolo ho appreso con sorpresa dell’esistenza di numeri di Rockerilla pre 1979, suppongo formato tabloid/fanzine. Anche Kerrang esordì nel 79 come inserto di Sounds, con denominazione Kerr-aaaang, ma operazione aborti’ praticamente sul nascere per poi rinascere come magazine poco dopo. Con la massima comodità, potresti mandarmi cortesemente tuoi articoli pre 79( Godz, Van Halen…) in pdf sulla mia email che dovresti avere in modo da completare il mio tomo ” Rockerilla” ? Thanks

  • Nevio ha detto:

    Che Emozione anche a (quasi) quarant’anni di distanza !
    Un ringraziamento di cuore per l’opera di “educazione musicale”.
    Considerando quanto sia stata importante ( e continui ad esserlo ovviamente) la musica Hard’n’Heavy intesa come la intendevi tu…dagli Angeli.agli Slayer….dai Poison ai Manowar….sono davvero riconoscente.
    Un saluto .

    • Beppe Riva ha detto:

      Anch’io sono riconoscente verso il pubblico che ha interpretato l’H’n’H in queste forme classiche (o comunque diventate tali con il passare del tempo…). E’ una questione di feeling e generazionale. Ovviamente non si può chiedere a noi (credo che Giancarlo non si arrabbi se lo accomuno) di aver la testa nel grindcore o nelle contaminazioni fra nu-metal e rap. Ci saranno altri “cantori” adeguati a celebrare queste derivazioni. Thanx Nevio, ti saluto

  • Giovanni Loria ha detto:

    buongiorno Beppe,
    aspettavo con ansia il tuo ritorno… la tua classe è sempre cristallina!
    mi piace molto questo taglio che state adottando con Giancarlo, quello di irrorare vestigia del passato e contributi contemporanei con ricordi personali inediti.
    grazie,
    Giovanni

    • Beppe Riva ha detto:

      Grazie Giovanni. Apprezzo la tua linea musicale su Classix e non è così prevedibile che chi già detiene il suo rilevante spazio su una rivista esprima apprezzamento per altre realtà. Questo aspetto dei “ricordi”del passato sembra suscitare interesse. Ciao!

  • aleR ha detto:

    Proprio l ‘altro giorno ho ascoltato il debutto dei Manowar . L’ originalea copia in vinile che comprai proprio dopo aver letto la tua recensione. Non so quanti anni che non lo facevo… Mi piace ancora ! Air guitar a manetta ,
    Come un ragazzino . Cresciuto un po’ troppo…
    Per fortuna non mi ha visto mio nipote, mi prenderebbe per matto …

    • Beppe Riva ha detto:

      Se non ci lasciamo andare un pò alle emozioni, che facciamo? Viviamo solo di doveri e reclusione post-Covid 19? Stay hard…Ciao Ale

  • Marco ha detto:

    Queste sono le pagine che mi hanno guidato fin qui. Nel sole e nella pioggia, nella luce e nel buio, nel metallo e nel sudore.

  • Gianluca Zapparoli ha detto:

    Mi associo al commento precedente. Anch’io avevo tutti i Rockerilla e tutti i dischi citati nell’articolo. Che gioia andare in edicola dopo la sofferenza dell’attesa ed acquistare il nuovo numero solo per gli articoli di Beppe Riva. E poi impiegare i propri pochi soldi per acquistare quei dischi meravigliosi. Grazie Beppe; anche per avermi fatto conoscere espressioni, lessici, linguaggi nuovi. Un grande.

    • Beppe Riva ha detto:

      Grazie a te e a voi, perchè senza la risposta di pubblico, come ho sempre evidenziato, non sarebbe servito a nulla!

  • mox ha detto:

    Maestro,

    stavolta l’età anagrafica mi consente di dire non solo “ci ho tutto”, ma altresì ” mi ricordo tutto”…. perchè fortunatemente presenziavo. Indubbiamente giovine, ma presenziavo. Sempre un piacevole tuffo.
    Gratitudine
    et
    abbracci .

    • Beppe Riva ha detto:

      1980-2020, i conti sono presto fatti. Ed è un pò impressionante, non sembrerebbe passato tanto tempo. Probabilmente perché certi ricordi, certi dischi, non invecchiano mai! Grazie Mox, un abbraccio

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